Vittorini dalla parte degli umili e degli oppressi

Elio Vittorini nasce nel 1908 a Siracusa dove intraprende gli studi tecnici per interromperli e trasferirsi nella Venezia Giulia e successivamente a Firenze dove dà alle stampe il suo primo libro “Piccola Borghesia”, nel quale dà vita al sogno di evasione dalla vita di tutti i giorni. I richiami a Svevo, Proust e Joice sono evidenti nell’analisi psicologica dei personaggi, piccoli borghesi che cercano di evadere dalla routine di tutti i giorni e di superare in ogni modo la loro mediocrità. Con questo libro Vittorini si conquista un posto d’avanguardia tra gli scrittori del tempo. Egli intanto scrive saggi e soprattutto traduce dalla letteratura moderna americana ricavandone un-impronta di modernità. “Il garofano rosso”, romanzo autobiografico, narra la maturazione sentimentale dell’autore. È la rivolta contro la morale falsa e ipocrita della famiglia e della società. Il garofano rosso non è soltanto pegno d’amore ma anche un simbolo di rivolta. Il Vittorini è sempre stato convinto della necessità di una funzione sociale e politica dello scrittore e dopo la seconda guerra mondiale aderisce al partito comunista dal quale si doveva poi allontanare per contrasti ideologici. È convinto infatti della necessaria autonomia della cultura, il cui compito è quello della ricerca della verità.

“Conversazione in Sicilia” è l’opera più importante di Vittorini e per il Pullini è «la tappa da cui si continua a far partire tutta la narrativa del dopoguerra italiano». In quest’opera c’è la maturazione dello scrittore. Egli ha capito, ha preso coscienza che l’umanità si divide in oppressi e oppressori, in ricchi e poveri, chi è povero e oppresso non può sperare aiuto da chi sta bene. Tra le due classi corre una sorta di diffidenza. E Vittorini sta con chi soffre di più, per una scelta spontanea e non meditata, per un impulso sentimentale. Lo scrittore deve lottare, deve imporre le sue idee per fare in modo che la discriminazione abbia termine. La decisione è presto presa: scriverà per chiarire le idee. Si rifarà alla sua infanzia trascorsa nella sua Sicilia, ma lo stesso autore avverte: «Il protagonista di questa Conversazione non è autobiografico, cosi la Sicilia che lo inquadra e accompagna è solo per avventura la Sicilia: solo perché il nome Sicilia mi suona meglio del nome di Persia o Venezuela». Non si tratta quindi di autobiografia, bensì di narrazione di episodi propri che sono però assunti a simbolo della condizione umana. Conversazione in Sicilia segna una svolta nella narrativa, soprattutto rispetto a quella dell’Ottocento e del primo Novecento e influenzerà tutta la narrativa del dopoguerra. In questo libro il protagonista va alla scoperta della sua terra, della sua Sicilia.

Ma come ha detto Leonardo Sciascia «la ricognizione di questo paesaggio umano tra i più squallidi e dolenti equivale a una ricognizione del genere umano perduto: cioè la realtà descritta, i viaggiatori di terza classe, i paesi dell’interno dell’isola, sono emblemi, paradigmi dell’umanità offesa, del dolore del mondo. Cosi nell’opera coesistono realismo e simbolismo, rappresentazione di un atteggiamento e di un sentire che sono tipicamente siciliani e allusività a una condizione di sofferenza» .

Il romanzo che segue “Uomini e no” continua l’opposizione tra malvagi e buoni, appunto uomini e non uomini. Narra le terribili vicende del periodo della resistenza a Milano durante l’occupazione tedesca. Gli episodi sono troppo recenti e il periodo è troppo vicino per cui lo scrittore non riesce a universalizzare i fatti facendoli assurgere a simbolo della cattiveria, della malvagità.

“Il Sempione strizza l’occhio al Frejus”, che è dal 1947, per alcuni è il capolavoro del Vittorini, altri hanno invece fatto alcune riserve. È raccontata la storia di una famiglia che cerca con la forza della disperazione di sopravvivere sforzandosi di vincere la fame. Qui la contrapposizione non è più tra oppressi e oppressori ma è descritto il mondo degli oppressi. Tra essi vi sono quelli che cercano solo di sopravvivere con brutalità e quelli che pure in condizioni disperate sono ancora legati a dei valori u­mani e spirituali. Vittorini ha ancora scritto “Le donne di Messina”; “Erica e suoi fratelli”; “Le due tensioni”.

Luigi Pistone
Luigi Pistone
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