Violenza verbale inconscia e ancestrale di una destra al governo o immagine speculare di una certa sinistra?

Le continue polemiche di questi giorni non hanno nulla da spartire con la cultura in senso lato. Si parla di tutto ed a sproposito all’insegna della non-conoscenza. Le zuffe verbali, e non solo, a cui ci ha abituati la classe politica italiana sono inutili e pretestuose vere e proprie sceneggiate che celano la mancanza assoluta d’idee. Focolai polemici si accendono dovunque e in particolare non potevano mancare nel Salone del libro di Torino.

Il libro indubbiamente è uno strumento di cultura, dipende dal modo in cui si adopera e dalle capacità neuronali di chi legge o crede di saper leggere. La critica consapevole può generare conoscenza anche nella sua contrapposizione dialettica. Il linguaggio dell’homo sapiens dovrebbe mirare a questo scopo, abbaiare appartiene ad un mondo animale di genere diverso.

Attaccarsi con vittimismo inconscio alla violenza verbale per chi occupa incarichi istituzionali diventa la cartina di tornasole del colore di cui ci si ammanta sotto mentite spoglie, con una latenza genetica ben chiara. Partire lancia in resta, come oggi succede, è solo indice di un deficit storico-culturale ad oltranza.

Non parliamo poi dei tanti intellettuali di maniera che rivendicano una cultura di destra di cui dovrebbero impossessarsi le migliori altezze.   Torniamo di nuovo al mito del migliore e inconsciamente questa volta da parte di questi signori della destra nostrana? L’euforia dannunziana che si copre d’immenso in Giordano Bruno Guerri è auspicabile? Ci ricorda quello che aveva scritto anni fa in un suo libro sul brigantaggio meridionale parlando di Crocco …tradotto in catene per la via Pretoriana… del capoluogo lucano per sottolinearne la scrupolosità storica!