di Gaudenzio Agglutinante
Per rimanere nell’attualità del consumo dell’infimo legume va detto che un piatto di fagioli o ceci, lenticchie o cicerchie, in un ristorante a cinque stelle è qualcosa di molto chic e altrettanto costoso, rispetto al cibo povero che un tempo non mancava sulla tavola dei nostri contadini. Le tavole imbandite degli aristocratici signorotti non concedevano spazi alle leguminose in generale.
La storia dell’alimentazione ci fornisce interessanti notizie sulla diffusione nel tempo dell’uso di tali legumi e della loro provenienza e ci permette di capire l’importanza dietetica e nutrizionale a essi associata nel consumo delle classi meno abbienti, una ricca fonte proteica che ne ha assicurato la sopravvivenza.
Limitarsi a una compiaciuta elencazione un po’ narcisistica dei tanti autori del mondo antico che ne hanno parlato, citazioni filtrate attraverso uno stile, linguisticamente elaborato, che si rivela assai spesso ridondante e stucchevole, non fornisce alcuna informazione culturale utile per capire l’oggetto, per quanto interessante di cui si voglia argomentare.
L’alimentazione e la sua evoluzione nello sviluppo sociale relativa a determinati consumi potrebbe farci capire meglio tutta la problematica insita nella necessità legata alle diete di cui oggi tanto si blatera. Non basta un semplice distinguo tra cibi più o meno poveri, conta il valore energetico che veniva associato a essi in funzione della sopravvivenza con cui bisognava fare i conti. Le riesumazioni enfatizzate di una peraltro mai esistita, età dell’oro del cibo sano e genuino e ritornare al famoso infimo legume possono avere solo un intento letterario, ammesso che ci si riesca!