Elemento caratterizzante dell’attuale assetto della società è il pratico annullamento della personalità del singolo. Ai nostri fini non vale indagare sulle cause di ciò. All’esautorazione e deresponsabilizzazione del singolo, ormai cellula non individualizzata di gruppi sempre più ampi di cui costituisce elemento costitutivo scarsamente cosciente, consegue la compressione o la scomparsa di cariche individuali, di verità e bisogni propri da comunicare liberamente in uno sforzo interpretativo della personalità propria e degli altri che è alla base del fenomeno della comunicazione intersoggettiva.
La incomunicazione diviene normale modo di atteggiarsi in un colloquio che non esiste più o è reso difficile da altre cause, queste direi fisiologiche, o quanto meno tipiche, della civiltà del benessere.
In primo luogo il mezzo televisivo, potente oppiaceo del colloquio familiare e veicolo di verità riduttive, contorte e strumentalizzate. Illusoria è l’aumentata capacità comunicativa dovuta a esso: fingendo d’impostare un colloquio a distanza, peraltro muto, con altri continenti, ci priva del godimento del dialogo vivificante e giornaliero col gruppo familiare, già reso difficile dal diminuito tempo di permanenza in casa.
L’uomo crede di essere informato perché vede mentre di fatto è disinformato perché ha perduto il senso critico e accetta per vero ciò che i mass-media dicono. Sebbene poi, nel lungo termine, si sia accorto dell’inganno con la conseguenza di non credere più a nulla e di troncare il rapporto basato sull’insincerità”. L’uomo è mercificato dalla ricerca esclusiva del benessere economico; la donna è sofisticata dalla ricerca di un nuovo ruolo che contemperi la femminilità con la produttività di cui anch’essa è divenuta un ingranaggio mentre forme esasperate e viscerali di femminismo elevano a sistema una innaturale forma di conflittualità con l’uomo. I giovani non hanno un modello comportamentale su cui plasmarsi e vivono nella solitudine e nell’isolamento mentre, sull’istigazione di strumentalizzazioni più politiche che ideologiche, rifiutano apoditticamente non inconsueti atti d’amore, di comprensione e d’interesse provenienti da adulti, professori e genitori. Fenomeno, questo, antico quant’altri mai se è vero quel che già Platone diceva: “Che quando il disordine penetra nelle case private il padre si avvezza a divenire simile al figlio e a temere i figli. In tale ambiente il maestro teme e adula i discepoli… e i vecchi, cedendo ai giovani, si mostrano pieni di arrendevolezza e di gentilezza ed imitano i giovani per non sembrare sgraditi né autoritari”.
Occorre una vasta campagna promozionale in cui importante può essere il ruolo dell’associazionismo libero sia attraverso interventi statuali tendenti, ad esempio, a umanizzare il rapporto di lavoro laddove esso appaia più alienante, a risolvere il problema degli anziani considerati un fastidioso peso delle gestioni familiari, ad assicurare il reclutamento di una classe insegnante che sappia plasmare i giovani nel rispetto della loro non maturata capacità di sintesi, a imporre ai canali di informazione pubblica un dovere di neutralità o, quanto meno, il divieto di deformazioni, palesi e occulte, della verità. Ristabilire il valore ed il rispetto delle istituzioni, vivificandone il ruolo e dando a esse effettive possibilità di adempiere alle funzioni porterebbe alla eliminazione del distacco fra Paese reale e Paese legale, e comunque al ripristino di un rapporto collaborativo, con conseguente credibilità delle stesse: eliminata la sfiducia nelle istituzioni sarebbe ancora possibile la ripresa del dialogo e della comunicazione. Essi presuppongono, infatti, una precisa, decisa, costante, globale volontà politica, pervicacemente perseguita per un considerevole lasso di tempo, e rivolta a una rivalutazione della personalità umana che sembra difficile attendersi da organizzazioni sociali, ivi compreso lo Stato, che hanno perduto, alcuni gloriandosi di questo, ogni finalità etica e dimenticando che non c’è alcun benessere economico che possa sostituirsi al bene dello spirito e che il primo non si gode al di fuori del secondo. Esistono, altresì, più o meno confessabili interessi economici, che certo non trarrebbero partito da un ritorno dell’uomo a quei valori essenziali ed eterni che sono negati in radice da alcune forme organizzatorie che presuppongono la massificazione dell’uomo.