di Rubino Seccarelli
Ah, l’acqua! Quel prezioso liquido che ci accompagna nelle attività più nobili e necessarie, come la doccia mattutina, il caffè del pomeriggio e il riscaldamento in pieno inverno. Ma cosa succede quando quest’acqua miracolosamente o misteriosamente scompare dai nostri rubinetti proprio nelle ore più critiche? Non c’è niente di più ironico del ritrovarsi a scoprire di essere la parte più “assetata” del Mediterraneo, nonostante siamo letteralmente circondati da mari!
Prendiamo ad esempio la Basilicata: regione dai panorami mozzafiato e dai rubinetti… secchi dalle 23:00 alle 6:30. Otto ore in cui l’acqua diventa un lontano miraggio. Forse un tecnico di alta ingegneria ha deciso che le persone di notte semplicemente non sentono il bisogno di bere, lavarsi, o, perché no, vivere.
In tutto questo spicca un nome: il Generale Vito Bardi, Commissario Straordinario per l’Emergenza Idrica. Perché nominare un generale per un problema d’acqua? Facile: il problema è così grande che servono strateghi di guerra, non ingegneri idraulici! Mentre Potenza, capoluogo di regione e indiscussa “vetta” dell’Italia (sì, ci sono 819 metri sopra il livello del mare), rimane orfana del suo elemento più basilare, i suoi cittadini si organizzano con ingegno e sarcasmo.
E poi, certo, c’è il piccolo dettaglio che quando fa freddo, così come ci si aspetta ogni inverno, i riscaldamenti servono. Non è un capriccio, non è un lusso: quando le temperature scendono e le strade si riempiono di brina, il bisogno di calore diventa impellente. E indovinate un po’? Per far funzionare i termosifoni serve l’acqua! Sì, acqua! Quella stessa sostanza che sgorga miracolosamente dai rubinetti (o dovrebbe) e che, in qualche modo misterioso, finisce per riscaldare le case. Gli impianti idronici, infatti, non sono fatti per funzionare con l’aria o con un incantesimo, ma con l’acqua che scorre nei radiatori.
Ma a quanto pare, questo è un segreto noto solo ai comuni cittadini. Mentre i lucani si stringono nei loro cappotti dentro case che, in teoria, potrebbero essere calde, ci si chiede se chi dovrebbe risolvere il problema abbia mai sentito parlare di “riscaldamento” e delle sue arcane necessità idriche. Forse a qualcuno sfugge che, senza acqua, i termosifoni rimangono freddi come un ghiacciolo a gennaio. Magari ci si aspetta che la popolazione impari a convivere con una sciarpa extra e una buona dose di pazienza.
Eppure, se dovessimo scommettere, ogni cittadino che prova a far scorrere acqua (invano) dai tubi sembra avere le idee molto chiare. La soluzione appare semplice ai più: basta una riserva d’acqua anche modesta per permettere a un’intera regione di non trasformarsi in una ghiacciaia. Possibile che questa consapevolezza sia solo del popolo?
L’adattamento creativo
Come si fa a vivere senz’acqua? Ecco alcuni metodi innovativi che i lucani stanno sperimentando (perché la necessità è la madre dell’invenzione e forse anche un po’ di rassegnazione):
- Raccogliere la rugiada: svegliarsi presto, posizionare strategicamente dei contenitori sul balcone e sperare che le gocce di rugiada del mattino siano sufficienti per una tisana. I più audaci parlano addirittura di un sistema di raccolta rugiadale da installare sui tetti. Innovazione green!
- La danza della pioggia: uno spettacolo antropologico locale dove intere famiglie si uniscono nel praticare il rituale. Potrebbe non funzionare sempre ma, si sa, quando la disperazione aumenta anche ballare sotto un cielo sereno è terapeutico.
- Risparmiatori notturni: alcuni residenti hanno scoperto che l’acqua può diventare una preziosa valuta di scambio. Se riempi la vasca fino all’orlo prima delle 23:00, potresti venderla a un vicino per un bel caffè o, se la fortuna ti assiste, un bicchiere di vino.
Quando la tecnologia fallisce e le risorse sembrano sparire ecco che la Basilicata ricorre ai metodi più tradizionali: le processioni con le statue dei santi, una delle forme più sincere e disperate di supplica all’universo per un po’ di pioggia. Immaginate la scena: interi paesi, guidati dai parroci, si riversano per le strade portando in spalla statue di santi protettori con la speranza che una qualche divinità, toccata da tanto fervore, decida di aprire i rubinetti celesti. Le processioni sono un vero e proprio evento sociale, un appuntamento che unisce la comunità tra canti, preghiere e, perché no, qualche sguardo rivolto al cielo in attesa di un segnale. L’ironia è che, in pieno XXI secolo, la speranza dell’acqua dipende ancora dal buon cuore dei santi locali. Se gli ingegneri e il Generale Bardi non riescono a far scorrere l’acqua, chissà che San Gerardo, con un po’ di persuasione e qualche giro per le strade polverose, non riesca a farla piovere almeno per qualche giorno.
E la domanda sorge spontanea: ma il Generale sa tutto questo? Dicono che il Generale Bardi sia a conoscenza della situazione e che tra una pianificazione emergenziale e l’altra stia anche cercando una soluzione. Tuttavia, ogni lucano si chiede: è proprio necessario rimanere senz’acqua per ore? E, soprattutto, perché non collaborare con la Puglia, magari stringendo patti di solidarietà idrica? Forse basterebbe un piccolo “ritocco” all’organizzazione attuale ma sembra che la parola “pianificazione” sia stata bandita dal vocabolario.
Forse, in questa epica battaglia contro la siccità e i rubinetti vuoti, al Generale Bardi manca solo un piccolo, prezioso alleato: un gesuita vecchio stile, magari sul modello di Attanasio Kircher, l’illuminato studioso di idraulica, misticismo e, perché no, un tocco di alchimia. D’altronde, ci troviamo in una situazione in cui le strategie militari e la logica moderna sembrano aver perso mordente; a questo punto, perché non rivolgersi al soprannaturale?
Kircher, uomo dalle mille risorse, probabilmente inizierebbe subito a esaminare il sottosuolo lucano alla ricerca di una “vena d’acqua sacra,” o forse proporrebbe un’imponente serie di esperimenti con il magnetismo per far risalire l’acqua dai pozzi fino a raggiungere anche le abitazioni più alte. Potrebbe persino concepire una macchina idraulica a ruote, alimentata dalla fede dei cittadini, che permetta di distribuire l’acqua in tutto il territorio, compensando l’eventuale impreparazione “logistica” della modernità.
E se Kircher fallisse? Nessun problema: potrebbe sempre ricorrere a qualche formula alchemica o a qualche antico rito in latino per convincere l’acqua a scorrere di nuovo. Chi meglio di un gesuita, quindi, per infondere al nostro Generale un po’ di spirito… idrico? Almeno, in caso di fallimento, avremmo una spiegazione più “divina” rispetto al freddo tecnicismo dell’attuale amministrazione: d’altronde, si sa, quando la scienza arranca, è il momento della magia.
Un futuro senza acqua o un futuro con programmazione?
Sì, la Basilicata è montagna, è altezza, è bellezza. E sembra che questa elevazione debba necessariamente coincidere con un “distacco” dall’acqua. Tuttavia, ci sono piccole questioni di base che, come cittadini di una delle nazioni più moderne del mondo, si spererebbe di avere già risolto. Invece, i lucani si ritrovano a chiedere per l’ennesima volta: “Ma dobbiamo proprio accontentarci dell’improvvisazione?” Speriamo che qualcuno si renda conto che vivere senz’acqua in una regione montuosa non è solo un “sacrificio” già enorme ma una vera e propria beffa!