A Potenza ogni attività del Comune rimane infissa nell’immaginario per contenere, naturalmente, un pizzico di eternità. Difficilmente un’operazione al di fuori dell’ordinaria amministrazione viene eseguita nei tempi strettamente tecnici necessari, ma si espande, nel tempo, occupando spazio visibile, in maniera tale da diventare una fotografia di uno squarcio di città, diventandone paesaggio.
È accaduto così, per esempio, in corso 18 agosto, dove la balaustra che corre lungo il malfermo e striminzito marciapiede, è transennata da anni e anni, forse perché pericolante, cionondimeno mai rinforzata, ma solo isolata. Ora immaginare quel tratto di strada privo del restringimento del marciapiede, come detto già striminzito, sgombro delle transenne, costituirebbe una novità se non proprio un ferale colpo al paesaggio che, di quelle transenne, ormai si nutre traendone la forza per sopravvivere alle amministrazioni.
Ma si può dire la stessa cosa di corso Garibaldi, dove una frana, di qualche tempo fa, non è stata sanata, quasi a ricordare che un tal giorno la strada venne meno e, quindi, a celebrarne l’evento. L’amministrazione per molti mesi arricchì il paesaggio, ingolfando il traffico, con un semaforo di quelli portabili, addirittura funzionante, giacchè sappiamo bene che i semafori fissi non hanno mai funzionato, limitandosi ad arricchire gli incroci con un tocco di arredo mondano. Poi, bell’e buono, avrebbe detto un mio caro e defunto parente, l’amministrazione, melius re perpensa, ha tirato via il semaforo a dimostrazione che, l’esempio di efficienza mostrato all’indomani della frana, aveva più un significato iconico che una valenza sostanziale. Oppure serviva altrove e dio sa solo quanto mi piacerebbe sapere che ora vegeta nel giardino di qualche politico quale reperto di un’amministrazione che si dimostrò efficiente.
Ma anche quanto sta accadendo in via del Popolo può essere annoverato fra quelle testimonianze di eternità operativa. Infatti, ormai già sette giorni orsono, l’amministrazione comunale (tutti in piedi) ha sfoltito i rami degli alberelli che fiancheggiano marciapiedi e carreggiata, ne ha adagiato la produzione nella zona destinata al parcheggio, l’ha addirittura transennata, a dimostrazione o della pericolosità dei rami o della loro sacralità o soltanto perché chi passa di lì ammirasse quanto è stata brava l’amministrazione (tutti in piedi e con lo sguardo perso nel vuoto e la mascella rigida) e lì l’ha lasciata a corredo-arredo naturalistico.
A ben guardare, a fronte della frenesia dei nostri tempi, un esempio di slow life di cotanta imponenza non può che essere gradito e pedagogico. Porta con sé una sorta di quel saper prendere la vita molto cilentano, ma del resto, se vogliamo, buona parte del Cilento era Lucania, è quindi una caratteristica che possiamo tradizionalmente ritenere nostra, anche se la sua sofisticata specializzazione ha origini più marine.
So bene di essere stato avaro nel portare esempi di questa nuova civiltà, limitandoli fortemente nel numero, ma per indicarli tutti ci vorrebbe un tomo che, sarò sincero, non sono in grado di scrivere avendo un’autonomia di tre, quale numero mio adottato anche soltanto per indicare le più importanti caratteristiche di qualcosa. Chiedo quindi perdono all’amministrazione (in piedi a cantare l’inno) se non sono stato esaustivo, ma sarebbe il caso di arricchire il sito web del Comune (in piedi e via alla commozione) proprio con una finestra destinata a queste raffinate scelte, affinché anche il visitatore occasionale ne abbia contezza programmando un tour che non ne salti nemmeno una. Bacioni, estensibili.