Nella narrativa di Rea la visione pessimistica e l’analisi dei problemi sociali di Napoli

Nasce a Napoli nel 1921; è collaboratore di alcuni giornali. Nel 1947 pubblica la prima raccolta  di racconti “Spaccanapoli”: una serie di quadri della vita napoletana. Il secondo libro è un’altra serie di racconti sempre ispirati alla vita napoletana, ma qui l’autore padroneggia meglio il linguaggio e approfondisce di più l’analisi psicologica. Il titolo di questo volume è “Gesù fate luce”.

Con questi bozzetti del primo e del secondo volume Domenico Rea anche se indulge al folklore e a una visione oleografica della sua Napoli, vuole mettere soprattutto in evidenza i mali secolari. Successivamente con il saggio “Le due Napoli” abbandonerà questa immagine tradizionale della città e inizierà una polemica sociale per richiamare l’attenzione su quelli che sono i suoi assillanti problemi, che si possono risolvere solo creando posti di lavoro per le braccia dei napoletani. Si è giunti a una presa di coscienza. Le gravi incurie dei governi passati hanno fatto sì che la città sia solo il regno della miseria, dell’arretratezza, dell’ignoranza. “Il re e il lustrascarpe” è un’altra inchiesta sulla disperata situazione napoletana. Il libro ci dà con una serie di racconti e di bozzetti uno spaccato della vita napoletana che ci mostra dolore e miseria, mancanza di iniziativa e noia. Nel 1959 il Rea pubblica il suo primo romanzo “Una vampata di rossore” in cui sono riuniti tutti gli elementi ispiratori della sua narrativa, ma più accentuata è la visione pessimistica dello scrittore . “Diario napoletano” dà atto che nella città è giunto un po’ di vento nuovo anche se lo spirito partenopeo è sempre lo stesso. Il Rea nella prefazione a “Il re e il lustrascarpe” ha scritto della sua Napoli e dei Napoletani: «Mi è sembrato di scorgere che ciascuno cercasse di rubare qualche cosa alla città invece di darle qualche cosa affinché divenisse la funzionale patria comune».

E come ha sostenuto G. Pampaloni il Rea «non vuole essere tra coloro che rubano , ma tra coloro che danno. E offre, lui, scrittore nato dal tripudio affascinante e barocco della follia multicolore di Napoli, la consapevolezza che l’uomo povero non è felice di ricevere come contro­ partita una anarchica libertà. Il vicolo e l’uomo del basso con le congiunte e abusate tematiche sono sopravvivenze insopportabili;… per la qual cosa quando c’indugiamo a parlare dell’uomo del basso, in realtà corriamo il rischio di parlare di un fantasma o… di un uomo che non sa più cosa fare per non essere costretto a essere quello che è ancora».

Luigi Pistone
Luigi Pistone
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