Naturale, preternaturale e sovrannaturale nella città partenopea

Il volume pubblicato da viella libreria editrice, Roma 2024 a cura di Francesco Paolo de Ceglia (pp.424 – ill.) è un’interessante e originale raccolta di saggi storici sulle caratteristiche culturali e tradizionali del Regno di Napoli nell’età moderna. Le immense risorse documentali e le accurate ricerche degli studiosi permettono di comprendere molti aspetti della vita quotidiana, frammiste a superstizioni e religiosità, evocazioni di spiriti, monacielli, fantasmi che dimorano in aristocratici palazzi e fanno parte di un atavico bisogno di comunicazione con il proprio inconscio, in un equilibrio momentaneo e illusorio sospeso tra mondo reale e irreale, un subliminale ritorno al mito della Sirena Partenope, eponima di Napoli.

In epoca cristiana e in una rivisitazione mitopoietica, con il suo armamentario di reliquie diventa Santa Patrizia. Come ben sintetizza il curatore del volume:…Napoli era attraversata dagli spiriti. Quelli dei morti e quelli dei vivi. Ma anche da effluvi magnetici e influssi astrali, responsabili di, veri o presunti, miracoli e addirittura resurrezioni. Nonché causa delle guarigioni operate dai magnetizzatori o della scoperta di filoni acquiferi o minerari di cui si gloriavano i rabdomanti. Lo spirito si condensava in materia e quest’ultima sublimava, rarefacendosi al punto di diventare impalpabile. I fluidi assurgevano, di conseguenza, al ruolo di protagonisti. Di mediatori universali nelle azioni a distanza.

I saggi dei vari autori sottolineano in maniera univoca la permeabilità che il palcoscenico sociale partenopeo, un vero e proprio teatro, offriva tra il naturale e il sovrannaturale. Dalla devozione corale verso le tante urne con i corpi dei Santi cui venivano attribuite capacità taumaturgiche e miracolistiche, alle varie esposizioni rituali di ampolle racchiuse in reliquiari disseminati nelle tante chiese, da quella contenente il sangue di San Gennaro, o altri santi: Patrizia, Agnese, Zaccaria, Giovanni Battista, Orsola, Pudenziana. In proposito l’abate Jean Jacques Bouchard, nel 1632 definiva Napoli urbs sanguinum. Il fenomeno della liquefazione del sangue in occasione di determinate ricorrenze, a parte quello di San Gennaro, avveniva in ben tre chiese, quelle benedettine di S. Maria Donnaromita, di San Gregorio Armeno e in quella degli agostiniani di San Giovanni a Carbonara, secondo una dinamica imitativa del rituale ianuariano che richiedeva l’accostamento di una parte del corpo del santo all’ampolla contenente il suo sangue. Nel caso di San Gennaro si ricorreva alla testa, con San Giovanni a una sua costola e nel caso di Santa Patrizia a un suo dente.     

Se si passa poi al culto delle spoglie dei Santi racchiusi nelle teche, è interessante considerare anche l’aspetto propriamente sensoriale ad esse legato, di figure che erano vissute appunto in odore di santità, i loro corpi non potevano non emanare quel soavissimo odore che pareva di paradiso. Una tal esperienza olfattiva può avere una duplice interpretazione: reale in quanto dovuta a fattori tangibili e materiali oppure essendo un’esperienza soggettiva, frutto di una suggestione collettiva. L’uso di olii profumati per l’imbalsamazione del corpo per impedirne la decomposizione è una spiegazione, così come se ci si vuol richiamare alle neuroscienze e all’effetto degli interferenti endocrini sul comportamento umano:…non è da escludere che questa esperienza sensoriale dei particolari odori connessi alla presenza del corpo investito dal carisma della santità riflettesse effettivamente una percezione olfattiva sofisticata dal rilascio di alti livelli di dopamina, l’ormone prodotto dall’attesa della gratificazione e della ricompensa emotiva, che si poteva produrre tra gli astanti nell’atmosfera collettiva di attesa escatologica del miracolo. La percezione e l’espressione sensoriale della religiosità fanno di Napoli e il suo ricco santorale, uno spazio d’elezione ideale e a differenti livelli di comunicazione.

Un altro aspetto si riferisce al culto dei morti, che nel suo rituale devozionale mette in evidenza il particolare rapporto con i vivi, diventando un modello che si sviluppa tra il XV e XIX secolo, come testimoniano le persistenti credenze e pratiche arcaiche in contesti sociali mutati e sollecitati da scelte politiche e legislative più recenti. È proprio nel meridione e in particolare nella regione partenopea che nella seconda metà del XV secolo compaiono modelli pittorici nuovi della Madonna delle grazie. Nella lactatio con il Bambin Gesù, che si ritrova già in un contesto geografico piuttosto ampio, i seni che hanno allattato il figlio di Dio sono mostrati come atto dell’elargizione della grazia verso chi invoca la sua protezione. Significativi alcuni dipinti come quello, opera di un anonimo seguace di Sandro Botticelli presente in una collezione privata di Gragnano, o quella collocata nella cappella Capece-Galeota del duomo di Napoli, attribuita a Pietro Befulco, e infine la Madonna delle grazie e monaca bizzoca di Carlo Sellitto nella chiesa partenopea di S. Piero Martire. Il capostipite di una moda iconografica assai diffusa nel meridione d’Italia, dalla sola Campania ne sono giunte sino a noi circa un’ottantina, è Angiolillo Arcuccio autore di una Madonna delle grazie con il Purgatorio in cui è rappresentata la Vergine con il gruppo delle anime purganti, nell’atto dell’elargizione del latte, o singoli devoti ai suoi piedi che implorano la grazia della redenzione:…il successo devozionale di un tale culto delle anime diventa tra il Seicento e il Settecento un vero e proprio culto dei santi, in particolare nel meridione, dove si manifesta non soltanto nel rituale delle processioni, nelle luminarie, nelle feste, ma anche in una intensa frequentazione delle tombe dei santi, dell’esposizione ossessiva di corpi e di reliquie. Tale modello devozionale tipicamente barocco si protrae fino alla metà del XIX secolo, il contrasto tra la vita e la morte attraverso l’immagine del corpo che si decompone o che rimane intatto, una spettacolarizzazione dei corpi e della morte: in particolare nel cristianesimo tradizionale, cattolico, mediterraneo, e la sistemazione e presentazione delle reliquie fu un’arte raffinata e centrale del rituale religioso cristiano. Significativo il cimitero delle Fontanelle. Un fenomeno di lunga durata, non soltanto riferito al solo ambito culturale ecclesiastico:…se si pensi al catafalco con la salma di padre Pio, e il suo viso in silicone, progettato e attuato dalla stessa azienda che fornisce il museo delle cere a Londra, ma si pensi anche alle mummie laiche di Lenin o di Mazzini, quest’ultima progettata per un fallito catafalco, un’esposizione repubblicana mancata.

Per quel che riguarda nella scienza europea il dibattito sul magnetismo animale, dalla fine del Settecento nonostante, si sia ritenuto ingiustamente il Mezzogiorno d’Italia escluso fino all’unità, recenti studi storici dimostrano il contrario. Nel Regno delle Due Sicilie erano stati pubblicati vari testi sul fluido universale teorizzato da Franz Anton Mesmer che permettevano di valutarne il grado di ricezione nell’Italia meridionale, e in un contesto storico-geografico particolare interagivano con le tradizioni magiche e imposture come jettatura e malocchio che trovavano credito nell’immaginario popolare partenopeo. Anche i fenomeni del sonnambulismo, tarantismo e spiritismo, della fascinazione e dell’incantamento, nel Mezzogiorno sembrava potessero avere analogie con le pratiche religiose e taumaturgiche della cultura popolare piuttosto che con le teorie del magnetismo animale. Teorie che con l’unità d’Italia e fino all’annessione di Roma allo Stato italiano avevano dovuto scontrarsi con un cattolicesimo intransigente e filo borbonico che riconduceva tutte le manifestazioni dell’irrazionale e del meraviglioso in un ordine sovrannaturale definito dai dogmi della Chiesa.

Un discorso a parte merita invece lo spiritismo, se si consideri l’enorme successo che riscontra la celebre medium Eusapia Palladino grazie alla successiva conversione del caposcuola della psichiatria positivista italiana Cesare Lombroso che nella superstiziosissima Napoli si affanna a voler applicare a tali fenomeni le sue balzane metodologie di misurazione e classificazione antropometriche, frutto di un positivismo esasperato e finisce lui stesso per dare credibilità al paranormale, ricadendo poi in una oramai stanca, affaticata e sterile visione materialista.

Infine, non potevano mancare i saggi di notevole interesse sulle varie teorie palingenetiche sostenute da due spiriti o meglio personaggi che fanno parte della cultura partenopea: Giambattista della Porta, filosofo autore d’importanti opere su argomenti di quella che poteva definirsi una filosofia della conoscenza della natura in senso lato, e il Principe Raimondo Sangro di Sansevero ossessionato dal mito dell’Araba Fenice che rinasce dalle sue ceneri, appassionato cultore di scienze  occulte tra cui l’Alchimia, ma anche di Arte e di Medicina, dedito a compiere esperimenti di rigenerazione della materia, ancora oggi avvolti da un alone di mistero.   

Michele Vista
Michele Vista
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