Con Elly Schlein alla guida del Pd “c’è uno scenario molto interessante. Ho chiamato Elly Schlein per farle anche personalmente i miei auguri. Ovviamente mi aspetto un’opposizione durissima. Anch’io in questi anni ho fatto un’opposizione durissima”: la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni ha telefonato, il giorno dopo le primarie, alla neo segretaria dem.
“Il confronto delle idee – aggiunge la premier parlando alla trasmissione “Cinque minuti” di Bruno Vespa – non mi ha mai spaventato. Ho sentito Schlein dire che lei e il Pd saranno un problema per il Governo Meloni. Per noi la democrazia non è mai stata un problema. Semmai lo è stata per la sinistra. Per noi un confronto fatto sulle idee è semplicemente una buona notizia. Sono pronta al confronto e auguro buon lavoro a Elly Schlein”
Intanto c’è stato il passaggio di testimone al Nazareno tra la nuova guida del Pd e il suo predecessore. “Dobbiamo lavorare per il rilancio e tenere insieme la comunità, è fondamentale senza rinunciare a una linea chiara e comprensibile. Questo sarà il nostro sforzo in questi primi giorni di lavoro”, ha detto Elly Schlein , ricevendo le consegne dal segretario uscente, Enrico Letta.
“Vogliamo lavorare da subito per riaprire il prima possibile il nuovo tesseramento – ha proseguito, nel suo primo ingresso al Nazareno da leader di partito -. Vogliamo che il popolo delle primarie che si è espresso ieri possa fare parte di questa comunità democratica”. Infine il saluto a chi l’ha preceduta. “Ringrazio Enrico Letta per il lavoro svolto in questi anni. Il 12 di marzo credo ci sarà l’assemblea e sarà quello il momento in cui l’assemblea voterà la nuova segretaria”.
La discontinuità rispetto alla vecchia gestione riguarderà anche e soprattutto la linea del partito riguardo alle alleanze. “Il 14 e 15 maggio si vota per le amministrative e la nuova segreteria dovrà fare nuove scelte di campo”, sottolinea Francesco Boccia: “Schlein avrà la forza di consentire al Pd di fare il salto di qualità unendo la sinistra. La rottura dell’alleanza con i 5 Stelle ci ha fatto perdere le elezioni”. Il presidente M5s, Giuseppe Conte, facendo gli auguri di buon lavoro a Elly Schlein, sottolinea anche che gli “elettori Pd hanno chiesto un cambiamento rispetto a chi ha barattato le misure del Conte II su lavoro, ambiente, povertà, sostegno a imprese e ceto medio con la vuota agenda Draghi. Su questi temi noi abbiamo già da tempo progetti chiari”.
La vittoria di Schlein è la continuazione logica degli effimeri trionfi di Renzi, poi dei 5Stelle, poi di Salvini e infine di Meloni. Di quest’ultimo non si può ancora dire che sarà effimero, ma si possono nutrire fondate speranze in proposito. L’atteggiamento di fondo è lo scontento. Scontento perché l’Italia di oggi è peggiore di quella di trent’anni fa, con molti più poveri, disuguaglianze insopportabili, servizi degradati. Soprattutto, perché allora si poteva sperare che domani sarebbe andata meglio, mentre oggi si può al massimo sperare di non essere ricacciati indietro nella scala sociale.
E dunque allo scontento si unisce la sfiducia nella capacità dei partiti e di chi li guida di far migliorare la situazione, cosa che spinge una parte sempre maggiore di cittadini a non partecipare al voto. Chi ha ancora un barlume di speranza vota “per cambiare”, e quindi sceglie chi non ha ancora dato una prova negativa quando è stato alla guida. Ma la pazienza ormai è poca: come diceva quel personaggio del Corriere dei Piccoli, il Re Tamarindo: “Alla prima che mi fai – ti licenzio e te ne vai”. E avanti con un altro esperimento.
Schlein è ora l’esperimento di quella parte del popolo progressista che ancora ritiene che il Pd possa prendere la guida del cambiamento. Bonaccini era prevedibile: non sarebbe stato diverso dai suoi predecessori, veniva dalla struttura di quel partito che da alcuni anni è sulla via del declino. E infatti gli iscritti – che, se hanno preso la tessera, sono evidentemente in maggioranza omogenei alla linea del Pd negli ultimi anni – avrebbero dato a lui la vittoria. A rovesciare il verdetto sono stati gli “esterni”, magari proprio quelli che a votare alle elezioni non ci andavano più. Una ulteriore prova del distacco del partito da quelli che una volta erano i suoi elettori. Ma attenzione, quello di Schlein non è un trionfo. Non tanto perché 54 a 46 non è una vittoria schiacciante, ma perché – secondo i dati provvisori – è stato raggiunto lo sperato milione di partecipanti, ma alle primarie del 2007 i partecipanti erano stati 3 milioni e mezzo. Schein ha vinto, e ora arriva la parte più difficile: deve convincere.