Meloni ha chiesto più fiducie di Draghi e Conte

Se si guarda indietro nel tempo si scopre che il governo Meloni ha posto più questioni di fiducia rispetto ai suoi predecessori: il governo di Mario Draghi e i due governi guidati da Giuseppe Conte. L’eccessivo ricorso dei governi alle questioni di fiducia è un fenomeno che da tempo caratterizza la politica italiana ed è stato in passato criticato più volte da Meloni e da Fratelli d’Italia, rimasti sempre all’opposizione.

Il governo Draghi è entrato in carica il 13 febbraio 2021: nei 70 giorni successivi ha posto la questione di fiducia su due provvedimenti, entrambi al Senato. Il secondo governo Conte, tra il 5 settembre e il 14 novembre 2019, ha chiesto la fiducia due volte alla Camera e una al Senato, mentre il primo governo Conte, tra il 1° giugno e il 10 agosto 2018, zero volte. Lungo tutto il suo mandato, il governo Draghi ha posto la fiducia su 55 provvedimenti, una ogni 9,5 giorni, il ricorso maggiore nelle ultime tre legislature, dietro soltanto al governo Monti (una fiducia votata ogni 7,9 giorni).

In base all’articolo 116 della Camera e all’articolo 161 del Senato, il governo può porre la cosiddetta “questione di fiducia” su un provvedimento, come la conversione in legge di un decreto-legge o un disegno di legge, la cui approvazione ritiene fondamentale. Con la questione di fiducia, i tempi dell’esame del testo da parte del Parlamento si riducono, perché cade la possibilità per le aule di votare modifiche al testo. In questo modo, però, il governo rischia di perdere la fiducia di una delle due aule, nel caso in cui non avesse la maggioranza dei voti.

Al momento, questo scenario è altamente improbabile per il governo Meloni, che può contare su un’ampia maggioranza in entrambe le aule del Parlamento, dove tra l’altro valgono regole un po’ diverse. Alla Camera, infatti, il voto della questione di fiducia su un provvedimento è separato da quello sull’approvazione del provvedimento. Al Senato i due voti sono uniti.