L’epoca di Pericle

Il secolo di Pericle  non rappresenta soltanto il momento storico della grandezza culturale, politica ed economica di Atene, ma è anche il simbolo di un’armonia, di nuovo culturale e politica, che mai più  si realizzerà nell’antichità. Dopo le vittorie sui persiani,  si sviluppò in Atene  la  consapevolezza, da parte dei cittadini, di essere i depositari della salvezza  e della  difesa della grecità sulla barbarie, e la convinzione che le vittorie militari fossero il segno della vittoria della democrazia. Questi ideali favorirono una temporanea felice armonizzazione  delle  forze  individualistiche, a par­tire da quelle economiche, che erano andate sviluppandosi  subito dopo la guerra, con la sconfitta dei vecchi privilegi aristocratici. Pericle fu il custode e il promotore di uno stato, in cui le spinte  individualistiche, sorte soprattutto nell’ambito delle nuove forze economiche, artigiane e mercantili, trovarono  composizione in un concetto  superiore di giustizia e di legge comune. Tanto più libero si sentiva il cittadino ateniese, e pro­ tetto nella sua sfera privata, quanto più sentiva obblighi comuni nei con­ fronti di uno stato che tale libertà garantiva: per i cittadini  ateniesi la libertà singola si fondava su quella della  comunità politica (il concetto di libertà individuale, quale la intendiamo noi moderni, nasce dalla dissoluzione dello stato pericleo ). Si aggiunge a tale consapevolezza l’orgoglio della superiorità intellettuale sulle altre città greche. Fidia innalzava alla dea Atena,  emblematica protettrice della  città,  un  monumento di forza e armonia quale il Partenone; Policleto  raffigurava plasticamente, nelle sue figure forti e virili, l’ideale della bellezza e della virtù (kalokagatia); Sofocle celebrava nelle sue tragedie la grandezza e l’autonomia dell’uomo, di fronte a una legge divina e ineluttabile, a confronto della quale risaltava tuttavia sempre la capacità della dignità e della forza umana, rese più forti e sublimi dalla sofferenza. Lo spirito aristocratico di Pericle guida con mano sicura il composito popolo ateniese, con quella forza spirituale e politica che fa dire a Tucidide che,  con  Pericle, Atene  divenne «l’alta scuola della cultura greca».

Accanto a tale splendore culturale agivano forze economiche in espansione; alla vecchia classe terriera aristocratica si erano andate sostituendo nuove classi, come quella degli artigiani,  o quella dei costruttori  navali, nate dal rifiorire dei rapporti commerciali e dalle attività a essi collaterali. I discorsi dei cittadini ateniesi potevano ben riflettere l’orgoglio della prospera democrazia raggiunta; nelle palestre gli argomenti politici, le ultime tragedie, i vincitori dei giochi e i problemi connessi con l’esercizio delle  arti  costituivano  temi  comuni. Nasce  anche  di  qui  l’importanza  del problema della téchne, che noi, impropriamente,  traduciamo   con  arte,  trattandosi piuttosto della competenza specifica e della capacità di compiere un determinato lavoro. Considerate doti innate, dono degli dèi, in una società relativamente semplice e non differenziata, le arti diventano sempre più, nella concezione comune, un prodotto dell’uomo, la capacità di trarre profitto dalla natura e dalle esperienze, convinzione cui aveva contribuito anche la nascita della scienza medica. Nasce di conseguenza anche il problema della comunicazione e dell’insegnamento delle tecniche particolari; l’antica lode di Esiodo sul valore del lavoro manuale, inteso come lavoro agricolo, cede il posto alla necessità di una riflessione sulle qualità di ogni tecnica individuale, sulla sua specificità che la distingue da ogni altra, e al problema della trasmissione di questa capacità. I dialoghi platonici, soprattutto quelli del periodo socratico, risentono ancora fortemente la suggestione dei discorsi su ciò che è peculiare di ciascuna arte, vale a dire la capacità di produrre dei risultati soddisfacenti  in un campo particolare (il falegname, lo scalpellino, il citareda, eccetera). È in questo periodo che Policleto sente il bisogno di scrivere un Canone, che determini le regole della proporzione che un buon scultore deve possedere, e che Ippocrate di Chio compone gli Elementi di geometria. Questo splendore culturale e questa fioritura economica, che dettero anche l’avvio a quello che venne chiamato il periodo dell’«imperialismo ateniese», erano destinati a scontrarsi con il timore delle altre  città  greche, invidiose della potenza di Atene. Le guerre  del Peloponneso e l’inizio delle guerre con Sparta, la grave pestilenza che colpì la città durante la prima guerra con Sparta (e in cui trovò la morte Pericle, nel 429), segnano l’inizio  di  una  rottura  di  un  equilibrio interno e la decadenza progressiva dello stato ateniese, anche se l’eredità periclea fece sentire la sua forza ancora  per  tutta  la  prima  metà  del  IV secolo.

Pompea Ferrari
Pompea Ferrari
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