L’educazione omerica

Un’analisi anche superficiale e rapida dei poemi omerici  lascia trasparire con facilità gli obiettivi che l’educazione dovrebbe proporsi nella formazione dell’uomo. Anzitutto una certa polivalenza si addice all’eroe omerico, dotato di abilità varie, di saggezza, di astuzia, di forza, ma soprattutto la sua «morale» si fonda sul senso dell’onore da un lato  e sull’amore della gloria dall’altro, che animano e giustificano quel pessimismo di fondo, che vede nella vita qualcosa di estremamente breve e transitorio.

La virtù quindi non aveva inizialmente e prevalentemente  un  contenuto etico,  in senso stretto, bensì piuttosto un significato e una  funzione sociale: si riferisce alla figura dell’eroe, che diventa  il modello da imitare e realizzare.

L’intento  educativo  di  Omero  e  dei  poeti  in  genere  è  indiscutibile, ma non offre, né poteva farlo, precise indicazioni di metodo e tanto meno dettagliate norme di comportamento. Al più vi si  descrivono  procedimenti empirici e occasionali che non hanno  particolare  valore ideale,  se non quello, pur valido, dell’esempio. Un’idea emerge  comunque  con chiarezza e senza soluzione di continuità: l’educazione è e rimane un’educazione politica. La stessa areté manifesta un’evidente connotazione  politica prima ancora che morale, connotazione ricollegabile anzitutto al concetto di valore militare e di giustizia, di cui si è detto e di cui è gestore l’autorità politica, cosicché questa diventa educatrice di diritto, come lo stesso Solone ha asserito.

Tutto ciò trova un contesto ambientale particolarmente  favorevole nella polis greca, in cui non solo n on avevano grande peso le contraddizioni che hanno contraddistinto società posteriori (per esempio, contrasto tra città e campagna, tra volontà di espansione e di contenimento…), ma prevalevano nell’organizzazione della società gli interessi comuni  e  i  rapporti sociali su quelli interpersonali. Ciò che riguarda  lo stato si identifica con ciò che è «comune», che riguarda tutti i cittadini e i singoli. Stato ed educazione si sovrappongono e intrecciano fin nel più intimo della stessa realtà  umana .

W. Jaeger nel suo classico studio della cultura greca riassume la funzione educati va della polis in questi due orientamenti:  da  un  lato,  la  volontà di giustizia promossa dalla vita comune fa crescere una nuova dimensione della formazione umana; dall’altro, lo stato, divenuto esso stesso realtà  autonoma,  si  è appropriato  di  tutti  i  contenuti  della  natura  umana e  li  ridistribuisce  successivamente come suoi  propri doni .

Accanto a Omero va ricordato, per il suo specifico apporto educativo, anche Esiodo (VIII secolo a.C.), di origine  contadina,  che  estende  di fatto  ai  ceti  extracittadini   (pastori,  contadini)  le  esigenze  che  in  Omero e nelle stesse poleis sembravano riservate alla sola aristocrazia. In  lui  per primo  affiora  il  concetto  di  ethos,  inteso  come  costume  interno  all’uomo, e assumono un chiaro tono didattico, ma  al  tempo  stesso  concreto,  i  suoi versi  delle  Opere  e  i giorni,  nei  quali  prende  sempre  più  corpo  l’idea  di «diritto».  Anche  se Esiodo  può  aver  segnato  l’ora  dell’incipiente  tramonto dell’assolutizzazione  dell’eroe  identificato  con  il  nobile,   con   l’aristocratico, tuttavia il suo insegnamento educativo non si discosta molto dalle indicazioni che avevano caratterizzato la pedagogia  antecedente,  sottolineando l’importanza dell’autocontrollo, dell’amore  per  i  ragazzi  e  dell’ideale della kalokagathía (del bello e del buono), quale espressione dell’unità tra l’interno e  l’esterno,  tra  il  corporale  e  lo  spirituale,  innegabili componenti della realtà umana, a prescindere da ogni ulteriore interpretazione filosofica. Particolarmente  illuminante, per contrasto, la figura del deforme e subdolo Tersite nell’Iliade.

Pompea Ferrari
Pompea Ferrari
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