È l’attualità dei grandi che soccorre la mediocrità dei piccoli di ogni tempo
di Rocco Sabia
La consapevole forza dissacrante dell’ironia e del “cinismo”, esercitata nei confronti del “potere”, è particolarmente riconosciuta a Carlo Alberto Salustri, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Trilussa.
Ironizzò anche su se stesso quando, nel 1950, venne nominato senatore a vita dall’allora presidente della Repubblica Luigi Einaudi quando commentò: «M’hanno nominato senatore a morte» perché sapeva bene che era molto prossimo alla morte. Venti giorni dopo, infatti, morì.
Il giornalista scrittore, forte degli studi e della conoscenza delle opere di Esopo, trovò nella favola il mezzo più espressivo e adatto a commentare circa cinquant’anni di cronaca italiana scrivendo in lingua romanesca.
Egli spaziò da Giolitti alla nascita del fascismo, descrisse e “derise” il secondo dopoguerra, frustando la corruzione politica, il fanatismo e gli intrallazzi dei potenti, dando una grande lezione di satira politico-sociale.
Il linguaggio usato dallo scrittore certamente era di tipo borghese ma anche di grandissima arguzia e infatti, ben presto, diventa molto popolare per la sua satira anche grazie alle tante collaborazioni giornalistiche e per la “spettacolarizzazione” che lui praticava nella declamazione dei suoi versi che teneva in pubblico.
Con queste attività si era guadagnato anche l’appellativo di fine dicitore
Fu anche uno di quei pochi italiani che ebbero grande successo all’estero, specie nei più esclusivi salotti, dove commentava, con l’ironia che lo contraddistingueva, specie su motivi politici dei fatti del giorno.
Il giornalista, scrittore e poeta, riuscì a non aderire, durante il periodo fascista, al Partito Nazionale Fascista riuscendo a mantenere un atteggiamento distaccato anche se spesse volte “irriverente”.
Una delle sue poesie forse più indicative del suo modo di denunziare, rappresentare e condannare un regime, in modo diretto o indiretto ci è dato dalla poesia dedicata a Giordano Bruno. In questa poesia si legge di quanto sia sempre attuale la “persecuzione” al “libero pensiero” ad appannaggio del “pensiero unico”. Dice come la giustizia (er boja) è sempre pronta a colpire e conclude come i poteri forti si proteggono a vicenda a discapito dell’individuo che decide di uscire fuori dai “ranghi”.
Giordano Bruno
Fece la fine dell’abbacchio ar forno
Perché credeva ar libero pensiero,
perché si un prete je diceva: «È vero»
lui risponneva: «Nun è vero un corno!».
Co’ quell’idea, s’intenne, l’abbruciorno,
pe’ via ch’er Papa, allora, era severo,
mannava le scommuniche davvero
e er boja stava all’ordine del giorno.
Adesso so’ antri tempi! Co’ l’affare
ch’er libero pensiero sta a cavallo
nessuno po’ fa’ più quer che je pare.
In oggi, co’ lo spirito moderno,
se a un Papa je criccasse d’abbriccillo
pijerebbe l’accordi cor Governo.