L’assolutismo illuminato in Italia

Quando si parla di età dell’assolutismo, senz’altro s’intende generalmente il giro d’anni 1660-1789, compreso, cioè, tra la restaurazione stuardiana in Inghilterra e gli inizi della rivoluzione in Francia. Dapprima con le schermaglie di Vittorio Amedeo II contro Luigi XIV, poi con la guerra di successione di Spagna, la vita della Penisola si fa più intensa, e non solo pei mutamenti dinastici e per il carico tributario imposto ai popoli, che spinge sempre a migliorare le pubbliche amministrazioni, quasi macchine, che, per la necessità di sostenere maggiori sforzi, richiedono manutenzione accurata e perfezionamenti d’ogni specie. Si accentuano in modo sensibilissimo alcuni fenomeni in cui siamo soliti far consistere l’assolutismo, e cioè la formazione dello Stato burocratico accentratore, l’avocazione allo Stato del potere legislativo e giudiziario, la formazione dei grandi eserciti nazionali imponenti per masse d’armi e d’armati, la sottomissione delle Chiese nazionali allo stretto controllo dello Stato, l’abbattimento della feudalità e la sostituzione della vecchia aristocrazia feudale con una nobiltà nuova e con un ceto medio che s’immette lentamente nella vita dello Stato come classe dirigente, il grande e rapido accrescersi della ricchezza mobiliare, lo spostarsi della cultura dal clero ai laici.

L’età dell’assolutismo presenta nella storia d’Italia, anticipatrice, sotto vari aspetti, di quella europea, caratteristiche un po’ diverse da quelle degli altri Paesi. Evidente la relativa moderatezza dell’evoluzione politica e sociale nostra durante i secoli XVII e XVIII: nella penisola, il feudalesimo ad alcune regioni era addirittura ignoto, in altre di lieve importanza; il ceto medio aveva per tempo acquistato un certo benessere; l’uguaglianza dei ceti sociali nella vita pubblica ammessa assai per tempo in alcuni luoghi; la piccolezza degli Stati favorevole all’accentramento; le autonomie comunali soppresse in gran numero dalle signorie; le corporazioni di modesta entità. Ciò non toglie, però, che il processo di accentramento diventi più sensibile nei secoli XVII e XVIII con l’accresciuta ingerenza dello Stato nelle amministrazioni locali, con il sorgere di organi centrali di controllo, con la decadenza dell’attività dei parlamenti, coll’uniformarsi della legislazione, mentre si stimola la produzione e si sollecita la nazionalizzazione in verità limitatissima del clero.

Giulio Tompesi
Giulio Tompesi
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