La politica… e chi ci crede

Era il 1876 quando il giovanissimo Stato italiano alla Camera dei Deputati il governo di destra viene messo in minoranza con 242 voti dell’opposizione contro i 181 del governo per quanto riguardava la statalizzazione delle ferrovie.

Massimo D’Azzeglio e Cavour hanno definitivamente concluso la loro funzione: unificare il Paese usando le armi e le leggi otre che sanare i conti dello Stato.

L’allora Presidente del Consiglio, Minghetti, annuncia il pareggio di bilancio anche se per raggiungere questo scopo lui stesso si era ridotto al minimo lo stipendio per poi “dissanguare” il popolo.

Da allora non è Mai più capitato che un “politico” si sia ridotto lo stipendio.

Ma la corruzione tra gli scanni del Parlamento comunque è sempre rimasta, più o meno, la stessa.

Quel momento di crisi fu ulteriormente aggravato dall’entrata in vigore il libero scambio dove, abbattuti i costi dei trasporto, in tutta l’Europa, sono arrivate merci a basso costo come, ad esempio, le derrate provenienti dall’America.

In Italia la destra (al potere) non riuscì a svolgere una politica protezionista per la propria industria che ha sempre più bisogno di dazi per crescere e quindi il governo cerca di non tassare ulteriormente la popolazione per cui il Re dichiara decaduto il governo di destra e affida ad Agostino Depretis, capo dell’opposizione, l’incarico di formare il nuovo governo.

Nel nuovo governo, di sinistra, entrano anche quelle che furono le più importanti figure (o capi) della sinistra dei seguaci di Garibaldi pur essendo noto a tutti che erano persone appartenenti alla borghesia conservatrice e “figli” del tanto deprecato “clientelismo meridionale”.

Pur tuttavia il loro programma, che si fonda sulla moralità, propone l’istruzione obbligatoria (con frequenza della scuola primaria), per ogni cittadino e sono fermamente contrari alla tassa sul macinato.

Sono invece favorevoli a concedere il diritto di voto a tutti i maschi che sapevano leggere e scrivere.

Questi ex “garibaldini” scesi in politica sono stati al potere per oltre un ventennio e, pur provandoci, non hanno realizzato quasi nulla di quanto avevano intenzione di fare in favore del popolo.

Ma volendola dire tutta questi sono riusciti perlopiù a dimostrare l’inefficienza amministrativa, la conduzione di una politica estera improvvisata e uno spiccato senso populistico mettendo spesse volte in crisi i loro stessi governi e specie quello di Francesco Crispi che è spesso contestato dalle opposizioni anche per i “frequenti” segni di autoritarismo.

Della tanto declamata moralità di questi “politici” ce ne scrive Gaetano Salvemini in questi termini: «Andati al potere, i sinistri mangiarono più che poterono. I destri avevano mangiato anch’essi, e appaiono onesti perché non dovettero sbalzare nessuno dal posto occupato; ma i sinistri – va loro resa questa lode – mangiarono molto di più».

Questo avveniva nel 1876.

Oggi 2025 la storia si ripete, “moderni” concetti si avvalgono, ad esempio, di quello etico-educativo che condanna il pregiudizio, aborra i preconcetti e, volta per volta, lo fa soprattutto leggendo i “prestampati”.

Sempre la “modernità” sotto l’aspetto economico-sociale, invece, “tuona” improperi e insulti usando termini che, purtroppo, gli stessi “urlatori politici”, il più delle volte, non ne conoscono nemmeno il significato letterale.

Ciò si evince soprattutto durante i programmi televisivi in cui gli interventi degli “oratori politici” sono temuti come quelli che in genere si tenevano nei salottieri di circa due secoli fa.

E intanto il tempo passa e nel frattempo la STORIA annota l’invidia di alcuni contro l’arroganza di altri, in una mistura composta da ignoranza e malafede.

Paolo Laurita
Paolo Laurita
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