Sulla pazienza è una breve estratto da Lettere a un giovane poeta (Adelphi, 1980 29° Edizione) di Rainer Maria Rilke. L’autore, in poche righe, fa un elogio alla pazienza come strumento indispensabile ad evolversi e migliorarsi, tirando fuori il meglio di se. Rilke, nello specifico, si rivolgeva a un giovane scrittore invitandolo a saper aspettare, attendendosi pazientemente, per produrre i suoi pensieri migliori. Queste parole, però, hanno un significato così forte da poter essere prese come universali rispetto a tutti gli aspetti della vita.
Le richiamo:

Così ha fatto Emma Ruzzon, presidente del consiglio degli studenti universitari di Padova, rivolgendosi alla sua comunità studentesca, alla Magnifica Rettrice, al Ministro Bernini e alle autorità presenti, nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’801° anno accademico dell’Università di Padova, il 13 Febbraio scorso.
«Credo siano evidenti a tutti – così inizia l’intervento di Emma (https://www.unipd.it/sites/unipd.it/files/2022/Intervento-Presidente-Consiglio-studenti-Emma-Ruzzon.pdf) – le contraddizioni della narrazione mediatica attorno al percorso universitario: ci viene restituito il quadro di una realtà che fa male, celebrate eccellenze straordinarie, facendoci credere che debbano essere ordinarie, normali. Sentiamo il peso di aspettative asfissianti che non tengono in considerazione il bisogno umano di procedere con i propri tempi, con i propri modi».
«Siamo stanchi di piangere i nostri coetanei e vogliamo che le forze politiche presenti si mettano a disposizione per capire come attivarsi per rispondere a questa emergenza. Ma serve il coraggio di mettere in discussione il sistema merito-centrico e competitivo».
Emma Ruzzon cita casi di suicidio tra studenti, casi di lauree lampo per troppa competizione e chiede case per i fuori sede, borse di studio e sostegno psicologico per gli studenti.
Quando ho ascoltato questo discorso ho pensato immediatamente a due cose: al programma del (futuro?) Partito Democratico e, appunto, all’estratto sulla pazienza che ho riportato all’inizio. Ho deciso di partire proprio da quest’ultimo perché è già lì, pronto e maturo per essere colto ( anche come elemento portante per un programma umano e politico) nella sua potenza.
Da tempo ormai siamo abituati a ragionare in modo piuttosto schematico: ci poniamo un obiettivo e poi mettiamo in moto le risorse a nostra disposizione per raggiungerlo. Una volta ottenuto quello che desideravamo ricominciamo da capo con nuovi obiettivi e nuovi bisogni, cercando, se possibile, di soddisfare il nostro desiderio nel minor tempo possibile.
Rilke, con le sue parole, ci suggerisce però una strada diversa: “Maturare come un albero che non forza i suoi succhi…e non teme che possa non arrivare l’estate”. Ovvero concentrarsi su se stessi, dimenticandosi dell’obiettivo da raggiungere.
A questo punto potremmo domandarci: che senso ha porsi degli obiettivi se poi dovremmo dimenticarcene, oppure, se per raggiungerli bisogna conformarsi alla narrazione del momento storico, al cosiddetto pensiero dominante: il merito, la competizione, l’iper specializzazione, etc…
Prefissarsi delle mete da raggiungere, è vero, serve a spronarci, ma quando il nostro benessere dipende esclusivamente da quel determinato obiettivo prefissato ( e preconfezionato), allora può insorgere qualche problema. Troppo spesso ci viene chiesto di focalizzarci soltanto sul fine: soddisfare un bisogno diventa l’unico metro di giudizio del nostro benessere. In caso di esito negativo viene dato spazio a frustrazione, ansia e rabbia.
Rilke ci mostra allora un’ arma potentissima: la pazienza. Aspettare, non aver fretta, soffermarsi su quello che si sta facendo, piuttosto che sul fine da raggiungere, possono rivelarsi strumenti fondamentali a recuperare una dimensione umana della propria vita vissuta e di quella saputa. A volte siamo così concentrati su quello che vogliamo ottenere da non badare minimamente a tutte le energie che stiamo impiegando per raggiungere lo scopo.
Il rischio? Può capitarci, una volta soddisfatto il nostro desiderio ( o quello del nostro capo, del nostro professore e così via in una di quelle inevitabili escalation che portano al decisore politico) di non ricevere quella gratificazione che ci aspettavamo.
Quante volte ci è capitato di raggiungere un obiettivo e sentirci ugualmente svuotati, stanchi, insoddisfatti? Concedersi una pausa per prestare attenzione a quello che davvero vogliamo può essere più importante dell’obiettivo stesso. Perdere tempo per riuscire in quello che ci prefiggiamo e, perché no, perderlo anche per fallire è un modo per restare in contatto con quello che… sentiamo e con quello che crediamo di sapere.
Maturare come l’albero dimenticandosi dei propri succhi. Concentrarsi sulla propria crescita, sul proprio tronco, sulle prime foglie. I frutti non saranno altro che una conseguenza della maturazione.
Provare a conoscere tutte le risposte può rivelarsi inutile se non abbiamo imparato bene a leggere le domande come ha fatto (per tutti noi) Emma Ruzzon. Come dovrebbe fare la politica.