di Paolo Mormile
Tutto cominciò nel 1985. Prima di allora, per me, la musica era stata soltanto un trascurabile sottofondo, una lontana eco. La udivo, non la ascoltavo. Ma soprattutto non la sentivo, e di conseguenza non la amavo. Poi arrivarono gli Scorpions, e da allora le cose presero una piega ben diversa. La prima volta che ascoltai gli Scorpions fu come imboccare un sentiero inesplorato e malagevole, ma misterioso e attraente. Ogni cosa che incontravo sul mio cammino destava la mia curiosità e smuoveva i miei sensi. Proseguire fu inevitabile. Avevo poco più di sedici anni. La prima volta che ascoltai gli AC-DC decisi di dimenticare la strada per tornare indietro. La prima volta che ascoltai i Led Zeppelin faticai a credere che sulla Terra potesse esserci qualcuno capace di suonare in tal modo. Quei tizi dovevano per forza venire da un pianeta lontano. La prima volta che ascoltai i Deep Purple deliberai, a maggioranza assoluta, di non volerne più sapere di generi diversi dall’hard rock. In seguito, per fortuna, la mia personale giunta cambiò idea. La prima volta che ascoltai Bruce Springsteen capii che musica e narrativa possono andare d’accordo. La prima volta che ascoltai i Black Sabbath scoprii che la musica aveva il potere di destabilizzarmi. La prima volta che ascoltai gli Iron Maiden capii che la musica riesce ad aprire squarci impensabili e inaspettati anche negli orizzonti più ristretti. La prima volta che ascoltai i Motörhead pensai che ogni qualvolta fossi arrivato a credermi una persona originale avrei fatto bene a ricordare che al mondo esisteva un tizio di nome Lemmy. La prima volta che ascoltai Pino Daniele compresi che la tradizione musicale napoletana è un patrimonio inestimabile, infinito e immortale. Un bastone cui appoggiare le nostre malferme esistenze. La prima volta che ascoltai i Queen compresi che con la musica si possono combattere, e vincere, battaglie. Innanzitutto le proprie. La prima volta che ascoltai i Metallica credetti di aver trovato la mia band definitiva. All’epoca quei quattro ragazzi rappresentavano tutto ciò che volevo dalla musica: potenza, velocità, anticonformismo. La prima volta che ascoltai i Doors ripromisi a me stesso che non sarei mai diventato come gli altri. Non mi avrebbero mai avuto come volevano. Non del tutto, almeno. La prima volta che ascoltai Herbie Hancock capii che la vita, come il jazz, è fatta di alti e bassi e che bisogna imparare a improvvisare. La prima volta che ascoltai Carlos Santana riconsiderai la musica proveniente dall’America latina ed imparai che i pregiudizi impediscono di crescere. La prima volta che ascoltai i Van Halen stabilii che la chitarra elettrica sarebbe stato il mio totem. Lo avrei adorato per sempre. La prima volta che ascoltai i Talking Heads realizzai che esisteva grande musica anche al di fuori del rock’n’roll. La prima volta che ascoltai i Pink Floyd ebbi sentore della trascendenza. La prima volta che ascoltai i Cure finii immerso nelle oscure profondità degli oceani. La prima volta che ascoltai Irio De Paula scoprii che la musica poteva tacitare i miei demoni e infondermi calma, virtù che mi ha sempre fatto difetto. La prima volta che ascoltai musica elettronica storsi la bocca. Qualche tempo dopo avvertii tutta la stupidità dei generi e delle etichette. Esistono solo due tipi di musica: quella buona e quella cattiva. Res ipsa loquitur. La prima volta che ascoltai Jimi Hendrix ero in auto: fui letteralmente sommerso da flutti di note e dovetti aprire i finestrini per non annegare. La prima volta che ascoltai gli U2 sentii che non avrei più avuto bisogno di credere nel dio che mi avevano imposto. La prima volta che ascoltai i Simple Minds ne ebbi la conferma. La prima volta che ascoltai i Sex Pistols avvertii che la musica poteva farmi perdere il controllo. La prima volta che ascoltai i Clash mi venne voglia di lanciarmi in una vetrata, e scoprii che la musica può spingere all’autolesionismo. La prima volta che ascoltai Iggy Pop sentii in me tutta l’energia dell’universo. La prima volta che ascoltai i Madness mi fu evidente che la musica, in fondo, è divertimento. La prima volta che ascoltai i Beatles ritenni la loro fama immeritata. Col tempo avrei radicalmente cambiato opinione. La prima volta che ascoltai i Rolling Stones seppi per certo che anche i debosciati come me potevano disporre di un posto dove rifugiarsi, e ne fui sollevato. La prima volta che ascoltai B.B. King il mio rispetto per le persone anziane aumentò. La prima volta che ascoltai George Benson capii che la chitarra elettrica non è esclusiva prerogativa della musica rock. La prima volta che ascoltai Paolo Conte mi ritrovai in un luogo imprecisato del suo immaginario, tra il centro e il sud dell’America. La prima volta che ascoltai Duke Ellington, invece, fui catapultato in Africa. La prima volta che ascoltai i Police appresi che generi musicali e confini geografici non devono necessariamente corrispondere. La prima volta che ascoltai Eric Clapton realizzai cosa vuol dire mettersi al servizio della musica. La prima volta che ascoltai la musica balcanica guardai in faccia la bellezza della diversità. La prima volta che ascoltai Johnny Cash imparai che la musica può redimere. La prima volta che ascoltai Tom Waits capii che esistono voci, e artisti, impossibili da classificare. La prima volta che ascoltai J.J. Cale mi fu chiaro che non occorre strafare e che spesso il meglio è nemico del bene. La prima volta che ascoltai Lou Reed compresi che un grande musicista è prima di tutto un grande artista. La prima volta che ascoltai Frank Zappa fui sicuro che non ne avrei mai avuto abbastanza del suo genio. La prima volta che ascoltai Giorgio Gaber mi domandai se avesse mai vinto il Nobel per la letteratura. Continuo a chiedermelo. La prima volta che ascoltai Jeff Beck compresi le enormi potenzialità della chitarra elettrica. La prima volta che ascoltai i Massive Attack fui fiero della direzione musicale che avevo preso. La prima volta che ascoltai musica brasiliana appresi che quella napoletana non è la sola grande tradizione musicale al mondo. La prima volta che ascoltai musica cubana mi fu chiaro che i popoli non sono tutti uguali, ma che ne esistono alcuni che brillano di una luce particolare. La prima volta che ascoltai Fela Kuti imparai che ci sono cose che nessuno può portarti via. Una di queste è il senso di appartenenza. La prima volta che ascoltai Elio e le Storie Tese mi chiesi se l’intelligenza non fosse la più potente arma di seduzione e mi risposi che sì, lo è. La prima volta che ascoltai Peter Gabriel capii perché i Genesis erano stati così grandi. La prima volta che ascoltai Eumir Deodato pensai di essere stato molto fortunato ad incontrarlo sul mio cammino. La prima volta che ascoltai Enzo Savastano restai piuttosto sorpreso che un “neomelodico” potesse riscuotere il mio apprezzamento. La prima volta che ascoltai Hiromi Uehara avvertii che i giapponesi sono fuoco sotto la cenere di un carattere nazionale mite e remissivo. La prima volta che ascoltai Nick Cave capii che se esiste una via che conduce all’accettazione del dolore, questa non può che passare per la musica. Ogni ascolto resta per me come il primo. La musica è un miracolo che si rinnova.