Sul reddito di cittadinanza si certifica la cattiveria e l’incapacità della destra al governo. Qualche settimana fa, la donna, la madre, la cristiana, Giorgia Meloni, col ghigno della perfidia, aveva comunicato che 170mila famiglie, da fine luglio, non avrebbero più ricevuto il reddito di cittadinanza, ma nel frattempo oltre a mandare un asettico SMS a tutte queste famiglie, la stragrande maggioranza delle quali vive sotto la soglia di povertà, il governo non ha attivato le procedure per passare ai comuni i dati necessari perché questi ultimi potessero occuparsi dei nuclei più fragili. Una cosa gravissima che dimostra, semmai ce ne fosse davvero bisogno, che la destra di governo si occupa giorno e notte di trovare il modo di aiutare i grandi evasori, ma non ha la minima considerazione per coloro che vivono sotto la soglia di povertà. Se infatti oltre a mandare il perfido SMS il governo si fosse attivato per creare un canale di comunicazione con i servizi sociali dei comuni, questi ultimi avrebbero potuto farsi carico per tempo delle situazioni più critiche e, come previsto dalla legge, si sarebbero potuti riattivare i sussidi senza inutili lungaggini. Invece queste famiglie in difficoltà dovranno aspettare e sperare che i dati arrivino presto e che gli uffici comunali siano celeri nel processarli. Tutto questo a cavallo di ferragosto e gravando gli enti locali, già in difficoltà per il poco personale e per le poche risorse, di un lavoro immane che deve per di più essere fatto di fretta e comunque non oltre la fine di ottobre, data oltre la quale, se i servizi sociali non avranno preso in carico queste famiglie, anche chi ne ha diritto non riceverà alcunché. In sostanza si faranno ancora una volta figli e figliastri, perché quei pochi che hanno la fortuna di vivere in una città dove tutto funziona vedranno i propri diritti rispettati in tempi abbastanza brevi mentre chi ha già la sfortuna di vivere in un luogo di degrado dovrà aspettare tempi lunghissimi rischiando persino di non ricevere il sussidio. E non provi questo governo di incapaci ed arroganti a scaricare le proprie colpe sull’INPS o sui comuni, e non provino nemmeno a dire, che tanto prima o poi arriveranno gli arretrati, perché le persone mangiano tutti i giorni e non possono aspettare mesi per avere i soldi per fare la spesa o per pagare l’affitto. Ma d’altronde questa è la destra che ci governa e questa è “il” presidente del consiglio che abbiamo: Giorgia, la donna, la madre, la cristiana, che senza nessuna pietà, come le cattive delle favole, affama i più poveri mentre gira il mondo felice e accoglie, con grandi feste, i ricchi e i potenti della terra.
La destra sociale nelle sue forme prevede l’intervento statale nell’economia finalizzato alla correzione del liberismo puro, esempi di questa prima tendenza sono l’Economia post-keynesiana e la Dottrina sociale della chiesa cattolica.
È alquanto critica nei confronti dell’economia classica e tollerante nei confronti dell’intervento statale nell’economia in favore delle classi disagiate. Nel suo ramo estremo invece punta all’annullamento del disagio appianando le differenze economiche, realizzabile unicamente mediante la “socializzazione”.
Ritiene inoltre centrali i diritti sociali quali casa e lavoro, in contrasto con la tendenza imperante nel contesto attuale, di preordinare nella discussione politica i diritti civili delle minoranze. In campo abitativo si propone l’istituzione di enti che si incarichino della costruzione, attraverso il finanziamento pubblico, di abitazioni e quartieri da vendere a prezzi agevolati a famiglie che non siano già proprietarie di una casa ed una massiccia edilizia popolare, con l’edificazione di nuove città, quartieri e valorizzando i borghi storici ed il valore della provincia attraverso il ruralismo.
In campo produttivo difende la centralità del fattore politico su quello economico rendendo necessari un governo forte e decisionista ed un ampio controllo statale nei meccanismi della moneta e dell’economia, che va diretta ma non controllata direttamente come nel socialismo, centrale è un progetto comune, una visione politica che imponga una direzione all’economia nazionale. L’impresa è da riorganizzare in direzione di una collaborazione tra lavoratori che partecipano alla gestione e imprenditore che dirige: conseguenza immediata è la centralità della rappresentanza di categoria, il Sindacato, preferibilmente unico, allora non rinuncia alla tutela dei lavoratori e dei loro diritti, ma li protegge mediando attraverso la protezione dell’interesse aziendale, e nazionale.
Nella forma radicale della socializzazione punta al raggiungimento del socialismo assoluto e del liberalismo assoluto contemporaneamente, attraverso l’allargamento della proprietà privata attraverso la partecipazione dei lavoratori alla proprietà dei mezzi di produzione, per esempio attraverso l’azionariato popolare ed eliminando il ruolo del prestatore di capitale non amministratore. Tale proprietà privata è quindi anche pubblica in quanto ripartita – non proporzionalmente ma in ragione del ruolo – tra tutta la gerarchia nazionale. Nascerebbe così la proprietà organica.
Sul fronte politico rappresentativo ritiene centrale la partecipazione tutelando i corpi intermedi e valorizzando le forme associative. Questo permette di selezionare da vicino la propria classe dirigente, vista come rappresentanza di categorie e non come rappresentanza politica, da questo punto di vista si comprende la storica proposta missina della camera delle categorie.