Benvenuti nel XXI secolo, l’era in cui il nepotismo ha trovato un nuovo e affascinante look: lo chiamano nuovo familismo amorale. Una formula che suona così elegante, quasi poetica, per descrivere l’antica arte di favorire la famiglia, gli amici e persino l’amico dell’amico. D’altronde perché preoccuparsi di meritocrazia quando il vero talento si tramanda geneticamente?
Il nuovo familismo non si limita più al classico “mio cugino ha bisogno di un lavoro”: no, è diventato un sistema complesso, una rete intricata di favori, posti garantiti e leggi cucite su misura. È come un reality show in cui vinci non perché sei bravo ma perché tuo zio è nella giuria.
In politica oggi il potere non è più solo un mezzo per servire il popolo, ma un’eredità da tramandare. Come un antico casato nobiliare ma con meno decoro e più appalti truccati. Ti immagini la scena? Il politico di turno, seduto a tavola, che tra una forchettata di lasagna e un bicchiere di vino spiega ai figli: “Ricordate, ragazzi, non importa quanto siate incompetenti: se avete il mio cognome il mondo è vostro”. E i risultati si vedono. Dai consigli regionali ai posti di sottogoverno ogni seggiola è calda di anni di dinastie che non hanno niente da invidiare ai Medici. L’unica differenza? I Medici almeno costruivano ospedali, questi costruiscono bilanci opachi.
La meritocrazia, ovviamente, è il nemico pubblico numero uno. Guai a far vincere qualcuno che sa quello che fa! Sarebbe un tradimento verso il sacro patto non scritto del familismo: il patto che recita, più o meno, così: “Se siamo nella stessa foto di matrimonio il lavoro è tuo”.
Ma il nuovo familismo amorale non si limita a essere inefficiente, no. È spudoratamente ironico. Perché i politici sono bravissimi a dirci che “i giovani devono restare in Italia” e “servono più opportunità per tutti”. Intendiamoci: per “tutti” si intende un gruppo molto ristretto, quasi sempre riunito a pranzo la domenica.
Gli studiosi del fenomeno hanno individuato dei nuovi parametri per descrivere questa evoluzione del familismo:
- La sindrome del parentale perfetto: la capacità di trasformare ogni parente in un esperto anche se il massimo che sa fare è inviare GIF animate su WhatsApp.
- Il principio del portafoglio condominiale: i benefici del potere non vanno mai troppo lontano: restano sempre nel condominio, meglio se sullo stesso pianerottolo.
- La cooptazione isterica: ogni volta che si presenta un’opportunità ci si assicura che chiunque altro venga escluso a meno che non abbia lo stesso cognome, ovviamente.
Ma attenzione: non pensate che il nuovo familismo amorale sia un’esclusiva italiana. Oh no! È una tendenza globale. Dagli Stati Uniti con dinastie politiche che spuntano come funghi alla monarchia velata di certe democrazie europee, il familismo è il collante che tiene insieme la classe dirigente mondiale. La differenza è che all’estero lo nascondono meglio mentre noi, fieri del nostro stile, lo esibiamo con orgoglio. Quando qualcuno dice: “Mio figlio è stato assunto grazie al concorso pubblico!” tutti sanno che “pubblico” significa che hanno pubblicizzato il posto solo dopo aver firmato il contratto con suo figlio.
Che fare, dunque? Nulla, se non ridere. Ridere di questo circo, di questi prestigiatori del potere che sanno trasformare i legami di sangue in moneta politica. Perché, diciamocelo, non c’è nulla di più divertente – e tragico – che vedere un’intera classe politica impegnata a confondere il Parlamento con un pranzo di Natale. E mentre il mondo va avanti noi restiamo qui a chiederci se mai arriverà un giorno in cui il talento conterà più del cognome. Forse sì, ma prima dobbiamo convincere qualcuno a scriverlo nel testamento.