Mi sono sempre occupato di comunicazione e spesso partecipo a convegni in cui noi adulti denunciamo che i giovani non comunicano più, o meglio, stanno perennemente attaccati ai cellulari senza guardarsi intorno né accennare una minima conversazione con i coetanei vicini. Io non riesco a rimanere zitto e replico con particolare foga. Prima di tutto faccio notare che il nostro “maturo” comportamento nei treni, sul metro etc. non è molto differente dal loro, anzi, il cellulare ormai diventato un’appendice fissa della mano; gli occhi sono sempre puntati su quel piccolo schermo; un dito, se non due pronti a scrivere chissà cosa di così urgente. Quindi…
Poi questi vecchi “salomoni” affrontano il discorso dei social, il più delle volte senza alcuna competenza, e qui mi sfogo!
Facebook è in crisi dal lontano 2016 e le ragioni sono chiare: è un territorio degli over 40, i giovani se ne stanno lontani e guardinghi. Il motivo? È un social “di parole” e di “ricordi”. Noi adulti ne sfogliamo le pagine come se fossero delle riviste alla ricerca di qualcosa di interessante o divertente, però dobbiamo sorbirci un’infinità di post e video noiosi, spesso insignificanti oppure già visti perché le informazioni diventano presto obsolete, ma nel marasma le ritroviamo. È un mondo controllato, osservato e facilmente manipolabile.
Poi cito la nostra e squisitamente adulta “sindrome da like”. Il desiderio di piacere fa parte della natura umana, ma quando diventa un’ossessione può essere un problema e inizia la cosiddetta dipendenza dei like.
Kaspersky in una ricerca fatta qualche anno fa afferma che ben due utenti su tre si preoccupano del numero di “mi piace” ricevuto quando pubblica un post e il 24% delle persone si arrabbia se non riceve l’attenzione, espressa in like, adeguata alle sue aspettative. Inoltre, ci sono altri dati più preoccupanti: pur di ottenere più like gli individui offrono al pubblico la loro privacy, cioè la propria abitazione (37%), lo stato della propria relazione (30%), il posto di lavoro (18%) e così via. Gli intervistati, infine, affermano che per colpa dei social hanno iniziato a comunicare sempre meno con i figli (33%), i partner (23%), gli amici (35%) e i colleghi (34%).
I giovani sono più “scaltri”, se ne fregano dei “like” e come social utilizzano Instagram, WhatsApp e Telegram su cui condividere foto, informazioni, video e messaggi in maniera veloce e all’interno di singoli gruppi, non aperti alla comunità intera e di conseguenza meno appetibili alle Fake News.
Sembra ieri, ma TikTok è nato in Cina già da fine 2016. È una app in cui gli utenti possono creare brevi clip di durata variabile fino a dieci minuti, ma lo standard è di tre. È diventato subito “territorio” dei giovani per inserire brani inediti, video scherzosi, sketches, effetti grafici e sonori … E gli “adulti” come hanno reagito nei confronti di questo social?! Dopo “attenti studi e approfondite indagini di marketing” hanno pensato di introdursi senza alcuna reticenza. I nostri politici ne sono un esempio con, a dir poco, pessime e ridicole figuracce: perfetti abiti doppiopetto blu, barzellette anni ’70 che non fanno più ridere, pance in forte evidenza, puerili sforzi di parlare con un linguaggio giovanile… Risultato: sono subito diventati oggetti di divertenti e sarcastiche parodie fatte da “terribili ragazzini”. Era scontato! Ah, dimenticavo di precisare che sono profondamente apartitico!
Ma non è finita! Nelle varie discussioni c’è anche chi giudica i giovani come dei “choosy”, cioè degli schizzinosi che preferisco starsene comodi su una poltrona piuttosto che uscire di casa e andare a lavorare. Ma noi, cosiddetti vecchi boomers, che mondo abbiamo loro lasciato?!
Nel 2022 in Italia l’inflazione è cresciuta più dell’otto per cento (dati Istat). Oggi un giovane per comperare un appartamento deve ipotecare la casa dei genitori e impegnarsi in mutui altissimi con degli stipendi che in Italia negli ultimi tredici anni si sono ridotti del dieci per cento (dati Ocse). La meritocrazia non esiste perché sostituita da conoscenze, raccomandazioni, figli di… I Ministri dell’Istruzione, a parte gli ultimi due, sono stati sempre eletti non per competenza, ma per ragioni strettamente di “poltrone”, e cosa facevano subito dopo il loro insediamento? Cambiavano il sistema di maturità, d’emblée! Con il solo fine di sottolineare la loro nuova investitura e senza chiedere un minimo parere ai futuri maturandi. Ultimo ma non ultimo: siamo stati trascinati da un consumismo privo di regole e abbiamo ridotto il nostro pianeta in un cumulo di sporcizia e inquinamento, continuiamo a innescare guerre più o meno conosciute, permettiamo che in certi paesi la libertà di opinione e di espressione sia drasticamente annientata… non continuo perché la lista è lunga.
In conclusione e con umiltà chiedo ai miei coetanei: “Che diritto abbiamo noi, vecchi tromboni, di giudicare e criticare i giovani? Non è meglio starsene zitti e finalmente ascoltarli?!”
e non dimentichiamoci che la scuola (e l’Università) – grazie a “riforme” sia del centro-sinistra che del centro-destra sono peggiorate notevolmente, nonostante l’opposizione di (alcuni almeno) docenti e studenti. Non credo sia intelligente farne una guerra generazionale quando i colpevoli di questo degrado sono ben noti.
Questo è la seconda parte del mio commento, la prima, non so perché, non è visibile