Fate presto! La Basilicata ha sete!

Oggi, 23 novembre 2024 è il quarantaquattresimo anniversario del disastroso terremoto del 1980 che colpì l’Irpinia e la Lucania. Esattamente quarantaquattro anni dopo questa triste ricorrenza risuona tra i lucani in maniera quasi “beffarda” considerando la grave crisi idrica che attanaglia da mesi la Basilicata e che peggiora sempre di più giorno dopo giorno. Una crisi “subdola”, forse, per certi aspetti, anche peggiore della Pandemia da Covid, poiché circa 140.000 lucani sono privati di un bene primario come l’acqua per molte ore nell’arco della giornata, con gravi ripercussioni negative su tutte le azioni della quotidianità: scuola, università, ospedale, uffici, ristoranti, bar, negozi e attività commerciali. Una crisi che, nonostante i vari tentativi di limitare frettolosamente i danni nelle ultime settimane da parte di chi gestisce l’acqua in Basilicata, fa sentire i lucani “impotenti” ed in balia degli eventi. A oggi, i lucani, con questa grave crisi idrica, sono posti davanti ai risultati di oltre cinquant’anni di disastri politici e amministrativi, un disinteresse generale per il popolo lucano a prescindere dal “colore” di chi sedeva alle scrivanie dei “poteri forti”.

Questo menefreghismo lo si è dimostrato, anche e soprattutto, nei confronti di Potenza, città capoluogo di questa sventurata regione; una città verso cui si è dimostrata sempre disattenzione amministrativa, noncuranza generale e, cosa ancor più grave, una città sempre usata, oltraggiata e umiliata dai politici di turno per i propri giochi di potere e di atavica rivalità da parte dei “politicanti” di alcune aree della regione che, nascondendosi dietro gli interessi delle proprie comunità, in realtà curavano esclusivamente i propri interessi personali.

La crisi idrica della diga del Camastra, dunque, ha solamente aperto un vaso di Pandora a tinte lucane. Se, in tutti questi anni, la classe politica lucana avesse curato il territorio, avesse investito nelle infrastrutture (idriche, stradali, ferroviarie, ecc.) oggi la nostra amata ma bistrattata regione non si troverebbe in questa drammatica situazione da terzo mondo.

Invece, la Basilicata è rimasta “ostaggio” per decenni del suo “stereotipo”, quello che vuole rappresentarla come la descrisse Carlo Levi nel libro “Cristo si è fermato ad Eboli”: una terra di sagre contadine, di riti ancestrali, di arretratezza e del mito dell’essere un’isola “felice”.

Negli anni più recenti, per giunta, ci sono stati numerosi eventi dalla “dubbia vocazione culturale”, soprattutto in alcune aree regionali, che hanno “annebbiato” la mente di alcuni lucani, convincendoli che questa regione potrebbe vivere di cultura e turismo pur in mancanza delle infrastrutture primarie. Una regione che vede migliaia di giovani abbandonare la propria terra per via delle poche opportunità lavorative e che vanno ad arricchire altre realtà nazionali e internazionali con le proprie competenze. Ma nonostante questo i lucani continuano a farsi la guerra in casa, come dei novelli guelfi e ghibellini, senza tener presente che la Basilicata, per numero di popolazione e ricchezza, è paragonabile a un quartiere di Roma, Napoli, Milano, ecc. Non si è recepito il concetto che solo “uniti si vince”, si preferisce, invece, coltivare il proprio orticello a discapito di quello dei vicini.

La linea tracciata in questi anni di mala politica sembra peggiorare ulteriormente; non si intravede, infatti, un percorso di crescita chiaro, né soluzioni definitive all’orizzonte.

Partendo dai dirigenti degli enti locali fino ad arrivare ai massimi dirigenti regionali, essi sono, nella migliore delle ipotesi, inadeguati al ruolo che ricoprono; difatti, si autocelebrano millantando qualità e competenze che in realtà non possiedono.

Questa crisi idrica sta facendo tornare la vista ai “ciechi”, illusi da promesse politiche e chiacchiere “da bar” spacciate per lungimiranza governativa e gestionale.

I problemi primari sono chiari da tempo immemore: strutture sanitarie e di assistenza, strade, ferrovie, reti idriche, lavoro, politiche per i giovani, politiche di coesione sociale, scuole, asili, università e tutto ciò che ruota intorno al mondo produttivo.

Queste sono le vere priorità di cui la Basilicata necessita. Tutto il resto è “aria fritta” che serve a tenere a bada gli allocchi che popolano questa regione e che ogni tanto danno “fiato” alla bocca credendo di sentirsi “qualcuno”.

In conclusione, una nota per i lucani: avete visto dove porta il menefreghismo? L’assenza di interesse? La rassegnazione? Il votare i soliti “noti”? Il non avere senso civico? Se non lo avete capito porta al degrado, all’arretratezza economica, civica, sociale e morale. A tal proposito, un antico proverbio lucano può sintetizzare bene questa difficile situazione: “R’ gran’, s’ nun s’ semin’, nun nasc’; | l’omin’ nun s’impar’, s’ nun patisc’”, ossia: “il grano, se non viene seminato, non nasce; l’uomo non impara, se non soffre”.

Nicola Cirigliano
Nicola Cirigliano
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