Escape room o fuga dalla realtà? Solo deficit aumentato!

Il ricco vasellame che gli archeologi hanno a disposizione, frutto delle loro campagne di scavo in diverse parti del nostro pianeta, permette lo studio approfondito di un passato che si riferisce alle tante civiltà susseguitesi nel corso del tempo. Le immagini che siffatti reperti ci documentano con dovizie di particolari diventano un linguaggio cifrato d’inconfondibile coerenza che precede l’uso della scrittura, memoria storica che appartiene, di fatto, alla mitologia e comprende ad ampio giro d’orizzonte il mondo antico a Oriente come a Occidente.

Enfatizzare la ricchezza di questi reperti, di cui è ricca anche la regione Basilicata, diventa un paradosso nel ricadere in forzature mediatiche di amorfe e inconsistenti ambizioni turistiche che non hanno nulla da spartire con una conoscenza della mitologia classica e le influenze derivanti dal mondo greco, romano e delle stesse popolazioni autoctone.

La moda fin troppo diffusa, e nel nostro caso alquanto obsoleta per non dire provinciale, di servirsi di banalità informatiche come i giochi virtuali tipo escape room ha del ridicolo. Un vero e proprio semenzaio di deficienze, altro che realtà aumentata, con le più disparate allocazioni pseudoculturali che si possano immaginare, benché derivate in gran parte dalla mitologia greco-romana, una banca dati sterminata, per altro estensibile dai poemi omerici ad altri come il poema dantesco.

Lo storico della Scienza Giorgio de Santillana si domandava invece: quale può essere stato il primo universo di discorso, quel remotissimo mondo senza ordine o senso di linguaggi smembrati e sconnessi, di gerghi terreni e di esperienze incomunicabili, da cui nacque, per un caso fortunato, l’uomo scientifico? Non più un linguaggio mitologico che si riferiva alle credenze e culti locali, ma partendo dall’esperienza della vita quotidiana si concentrava invece su numeri, moti, misure, architetture generali e schemi, sulla struttura dei numeri, sulla geometria. Oggi invece prevale un linguaggio virtuale nella rete mediatica, lontano da quello individuale e diversificato, che l’invenzione della scrittura aveva reso possibile. Platone, nel celebre dialogo Fedro pur esaltando l’invenzione delle lettere dell’alfabeto che renderanno gli uomini più saggi e miglioreranno la loro memoria, già avvertiva: questa invenzione, infatti, produrrà l’oblio nelle menti di coloro che ne apprenderanno l’uso, perché non eserciteranno la memoria. La fiducia nella scrittura, prodotta da caratteri esteriori che non sono parte di loro, scoraggerà l’uso della memoria che è dentro di loro. È stato inventato un elisir non della memoria, bensì del richiamare alla memoria; si offre l’apparenza della saggezza, non la saggezza vera, poiché se si leggeranno molte cose senza istruzione sembrerà di conoscere molte cose ma si tratterà solo di gente ignorante, non saggia ma solo in apparenza!

Qual è in definitiva la realtà cui vogliamo riferirci? E’ ora di smetterla di pavoneggiarsi in un universo virtual-tecnocratico!

Michele Vista
Michele Vista
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