di Caterina Iannelli
Nel 2025 dare un nome a un bambino non è più solo una tradizione familiare, ma un atto di pura creatività accompagnato da poco buon senso. Se un tempo scegliere un nome per il proprio figlio significava rispettare la tradizione del proprio paese d’origine o la saggezza dei nonni, oggi sembra che il concetto di nome sia stato completamente rivoluzionato. Dimenticate significati profondi, radici storiche o la sacralità della lingua. Ora il nome del bambino è una sorta di accessorio alla moda da scegliere come un paio di occhiali da sole o una giacca firmata.
Al giorno d’oggi se non dai al tuo bambino un nome che suona come quello di un partecipante del Grande Fratello o di una malattia ancora sconosciuta rischi di essere etichettato come genitore “out of fashion”. È ormai quasi obbligatorio che i nuovi nati abbiano nomi unici quasi impossibili da pronunciare. Con l’influenza di programmi televisivi che trasmettono ininterrottamente ogni giorno il glamour della vita delle star e con le telenovelas di paesi stranieri c’è l’imbarazzo della scelta. Per esempio, perché dare al proprio figlio un nome classico come Michele o Maria quando puoi optare per Storm o Zayn (rigorosamente entrambi pronunciati in modo indecifrabile)?
A quanto pare più il nome è esotico e lontano dalla cultura di appartenenza, più il bambino avrà probabilmente successo nel nuovo mondo. Non importa che tu viva a Potenza e tuo marito venga da una famiglia che fa di cognome Mecca, il vero trend è dare un nome che sembri provenire da un angolo remoto della terra o da una serie Netflix che nessuno ha ancora visto. Ecco perché non ci sorprende che i bambini nati nel 2025 si chiamino nomi come Zephir o Tropicale.
La regola è: nomi internazionali, oltre i confini della razionalità. Se dessimo un’occhiata alla globalizzazione dei nomi vedremmo che i genitori ora scelgono i nomi per i loro figli basandosi più su dove hanno visto la destinazione delle loro ultime vacanze che sulla loro eredità culturale. Perché scegliere Francesco quando puoi chiamare tuo figlio Cairo? Così se un giorno si sentirà un po’ perso nella vita, almeno avrà un nome che gli suggerirà una meta. Le sue radici non sono più quelle di un piccolo borgo lucano, ma piuttosto quelle di un’isola tropicale dove i genitori si sono fritti i neuroni sotto il sole cocente prima di scegliere come battezzarlo.
Il problema, tuttavia, è che queste scelte non si fermano al turismo globale. I genitori sono sempre più influenzati dalle mode più strane, come nomi ispirati ai personaggi di serie tv o videogiochi. Ecco che arrivano i piccoli Naruto e Khaleesi nelle scuole italiane, pronti a chiedere spiegazioni ai compagni di classe su cosa siano i draghi e chi sia Joffrey Baratheon. Ma non preoccupatevi: tra una decina di anni quando i bambini cresceranno e si troveranno a dover fare i conti con la realtà, la confusione sarà tale che alla fine decideranno di correre all’anagrafe ed optare per Vincenzo e Lucia.
Ma chi lo sa pronunciare? Se questa è la domanda che ti porrai dopo aver scelto il nome per il tuo pargolo, allora la risposta naturalmente è: ti prego apri un calendiario e fai Ambarabà Cicì Coccò e vedrai che persino il fato avrà un gusto migliore del tuo. Ma il vero dilemma di questi genitori moderni è che l’importante sia che il nome sembri interessante e fuori dagli schemi: Luna, Cielo, Serenity sono tutte scelte che suonano molto più profonde se pronunciati con una leggera dose di incertezza e due bicchieri di gin.
Perché mai accontentarsi di un nome che trasmetta la bellezza della tradizione quando puoi offrire al mondo qualcosa di davvero ambiguo? Un nome che non abbia confini, che sia una dichiarazione di superiorità culturale (anche se tu non hai idea di quale cultura stai mescolando).
Sia chiaro, non voglio fare di tutt’erba un fascio. Ci sono genitori che scelgono nomi originali con cognizione di causa, magari ispirati da personaggi letterari o figure mitologiche. Ma quanti sono? Ci basti assistere all’appello il primo giorno di scuola elementare per verificare che questi ultimi sono chimere.
E così, cari lettori, il 2025 ci consegna un’anagrafe variopinta come un quadro astratto, dove convivono “Incoronata” e “Sciantal”. Un melting pot di suoni e significati, specchio di una globalizzazione dove l’ignoranza e la creatività si fondono in un cocktail esplosivo. Non ci resta che augurare buona fortuna ai nascituri del domani. Ma soprattutto auspicare che anche loro possano un giorno festeggiare l’onomastico