Crisi idrica lucana… o si va verso la respirazione cloacale?

di Empedocle Carapace

La scienza ci dice che alcune tartarughe marine o d’acqua dolce che in inverno vanno in letargo sott’acqua presentano uno strano adattamento chiamato respirazione cloacale che permette loro di respirare attraverso un’apertura unica, detta cloaca, per intestino apparato urinario e genitale che moltissime altre specie animali possiedono, invece di una respirazione polmonare comune agli altri animali tra cui l’uomo.

Se ci riferiamo all’elemento acqua indispensabile alla vita e a tutti gli usi che di questa sostanza facciamo al di là della provenienza: naturale (sorgenti), superficiale (fiumi e bacini), reflua (cloaca), non vorremmo credere che si possa andare incontro a una simile ma paradossale mutazione!      

Viviamo ormai nella più totale assuefazione a tutto ciò che respiriamo, mangiamo, beviamo in uno spazio dimensionale multiforme in cui siamo immersi per sopravvivere. La circolarità dei quattro elementi fondamentali: aria, acqua, terra, fuoco pare per assurdo che non abbia un centro ma sia presente in ogni punto della circonferenza, come un campo energetico in cui i quattro elementi interagiscono. Ognuno di essi ha un suo spazio relativo a una nuova dimensione che è quella temporale. Se ci riferiamo allo spazio che occupa in natura l’acqua così come nel voler dare a essa una definizione certa alla sua natura si potrebbero formulare considerazioni diverse secondo che si consideri nella sua socialità spaziale o in base ai dati fisico-chimici che la caratterizzano.

Già nel 1985 Ivan Illich, che si autodefiniva filosofo itinerante, in un suo libro dal titolo H20 and the Waters of Forgetfulness tradotto in italiano nel 1988 col sottotitolo Un’inchiesta sul mutamento delle nostre percezioni dello spazio urbano e delle acque che lo ripuliscono, poneva l’accento sul tema dell’acqua, e da quel che vediamo anche nella nostra regione nonostante la presunta ricchezza di risorse idriche, ne anticipava i possibili accadimenti futuri nell’uso distorto di questa risorsa fondamentale.

Il problema diventa essenziale nel suo aspetto sociale che coinvolge tutti dalla gestione delle risorse idriche fino allo spreco, confidando in maniera irrazionale nella sua abbondanza. Ecco che il capoluogo lucano sembra diventi come la città di Leonia descritta da Italo Calvino: …rifà se stessa tutti i giorni… Sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti della Leonia d’ieri aspettano il carro dello spazzaturaio… Dove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: fuori della città, certo; ma ogni anno la città si espande… È una fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un acrocoro di montagne.

Il risultato è questo: che più Leonia espelle roba, più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva… (Le città invisibili, pp. 119-120)

E mentre noi ai tanti, chiamati a trovare soluzioni a tale emergenza, parafrasando André Malraux diciamo:sembrate degli studiosi molto seri in grado di osservare con attenzione i movimenti dei pesci, senza aver scoperto che questi pesci vivono nell’acqua. Concludiamo con Ivan Illich:

 …l’H20 è una creazione sociale dei tempi moderni, una risorsa che è scarsa e che richiede una gestione tecnica. E un fluido che ha perso il potere di rispecchiare l’acqua dei sogni. Il bambino di città non ha nessuna possibilità di entrare in contatto con dell’acqua viva. L’acqua non può più essere guardata, può solo essere immaginata, riflettendo su di una goccia occasionale o su di un’umile pozzanghera.