Una volta il Salone era, in particolare nei piccoli paesi, un attendibile punto d’incontro dove si ragionava un po’ su tutto e tutti, facendo a volte piacevoli scambi di battute, per lo più dicerie malevoli e pettegolezzi.
Oggi, se si ha o si è goduto di una certa importanza nel mondo politico si preferisce essere intervistati e si troverà sempre il solerte giornalista che farà il contraddittorio finalizzato però alla testata a cui appartiene, e conosciamo bene l’arte di manipolare ciò che si ascolta. La prova provata è che la stessa intervista viene rilasciata, anche se dalla stessa persona, ad altri. Si cerca comunque di giocare sulle varianti che una parola può avere facendo, in altre parole, semplici acrobazie linguistiche.
A essere più precisi prendiamo la parola consulente: il suo etimo si allaccia al verbo latino consulere nel significato di dare un consiglio o un suggerimento, e presuppone che chi dà consigli debba conoscere ciò di cui parla e di conseguenza connesso alla professione ed esperienza di vita o di lavoro che ha svolto. Sarebbe giusto e corretto far capire quali siano stati gli ambiti della consulenza fornita. Non si capisce perché un parlamentare non possa CONSULERE!
Sembra dunque che il mandato parlamentare sia un mestiere come tutti gli altri e non una missione. Allora ci siamo abbandonati alla pura illusione, non volendo accettare la massima infelice che in Italia chi non ha né arte né parte fa politica! Darsi all’ippica sarebbe stato preferibile!