Capitali della cultura …o capitalizzazione della cultura?

di asterisco

Si assiste da anni alla forsennata corsa annuale, da parte di varie amministrazioni comunali, per ottenere l’ambizioso titolo di capitale della cultura e godere di benefici economici di non poco conto messi a disposizione dall’Unione Europea. In generale nulla di strano, tutt’altro, poiché si parla di cultura questa diventa giustamente un volano di crescita e di svariate opportunità per il continente europeo ricco di tradizioni e testimonianze storico sociali. Una giusta considerazione di questo patrimonio non deve essere solo sterile memoria di un passato ma stimolo a costruire un futuro migliore.

In gara per il 2027 figurano progetti di dieci località finaliste tra cui il paese di Aliano, dal titolo Terra dell’altrove, nella provincia materana in cui venne confinato dal regime mussoliniano il dissidente intellettuale torinese Carlo Levi, che ebbe così modo di osservare e conoscere a fondo la tragica miseria del profondo Sud, poi messa a nudo nel racconto Cristo s’è fermato a Eboli, che ancora oggi fa storcere il muso a qualche incallito borghesuccio da strapazzo affetto da manie intellettualoidi.

La realtà storica rappresentata dal borgo lucano nella desolazione dei calanchi, la forza che lega i pochi abitanti a questo territorio può a ragione diventare un germe, uno stimolo di arricchimento culturale per tutti nel capire il passato e una possibile prospettiva futura.

Ci auguriamo che questo avvenga, qualora si voglia parlare di cultura in senso lato, senza farsi prendere dalle bulimie consumistiche legate a mode culinarie più che gastronomiche, strombazzate per tipicità che non hanno alcuna reale consistenza storica né localizzazione specifica, obbediscono solo a esigenze di mercato che il più delle volte travalicano i contesti locali e diventano globali.

La cultura è conoscenza, parlare di turismo culturale in maniera univoca e in ambiti disparati non ha alcun senso nel presente e nel futuro!