di Tito Sprecaquattrini
È uno spettacolo davvero imperdibile quello che va in scena ogni giorno al Consiglio regionale della Basilicata. Destra e sinistra si sfidano sul campo ma non certo per ideologie. Qui le parole “destra” e “sinistra” fanno pensare più alle squadre di una partita tra scapoli e ammogliati perché di politica, nel senso tradizionale, nemmeno l’ombra. In effetti le ideologie sembrano smarrite da decenni, come quei vecchi amici che si salutano nei bar del paese: “Ah, ci vediamo presto!” e poi spariscono per sempre.
Diciamolo pure: nella guerra del “chi ha il seggiolone più alto” gli ideali sono passati di moda come i pantaloni a zampa negli anni ’80. E così, tra accuse, controaccuse e polemiche degne di una saga infinita, chi ci rimette? Naturalmente i cittadini! Tempi di attesa eterni per una visita medica, tanto che per una TAC ci si affida più alla buona sorte che alla sanità pubblica. E se non basta, per l’acqua potabile la proposta è quella di prendere direttamente da quel piccolo cocktail biologico del fiume Basento, come dire “aggiungiamo un po’ di brivido alla vita quotidiana”.
Ma attenzione, la colpa è sempre di qualcun altro. A turno, la sinistra accusa Bardi, che a quanto pare governa da sei anni con lo stesso entusiasmo di chi cerca di togliere il chewing gum dalla suola delle scarpe. Forse sarà anche inadeguato, ma lo hanno votato in massa. Perché? Perché dall’altra parte c’era l’opposizione divisa in mille lotte interne, incapace di decidersi persino su un candidato. Prima scelgono Chiorazzo, poi lo scaricano quando qualcuno a Roma gli dice di farlo. Ecco qui, la politica: strategia a breve termine, come vendere l’elisir miracoloso alla Cocco Bill, tanta retorica e poca sostanza.
E i cittadini lucani? Passivi e sfiduciati, con bollette che salgono come la marea e prezzi che superano quelli della vicina Campania, sebbene il petrolio sgorghi abbondante sotto i piedi. L’acqua, quando non è inquinata, è un miraggio; i trasporti pubblici, un concetto teorico, i progetti di rilancio territoriale copiati forse su qualche rivista o, chissà, su un volantino turistico in carta riciclata. Alla fine la Basilicata appare come quel parente che si lamenta sempre delle sue sfortune ma, alla prova dei fatti, non sembra voler cambiare nulla. Anzi si celebra, si compiace, s’illude di essere un paradiso nascosto solo perché pochi ne conoscono i problemi. Ma in fondo, con queste mancanze, si candida a diventare il vero… sfintere del mondo.
E mentre i soliti noti banchettano con i fondi pubblici, tra celebrazioni, voli turistici e progetti inventati pescando a caso dal web, la vita lucana continua, tragicamente immutata. Forse sarebbe meglio dividere la regione in tre e annetterla a Calabria, Puglia e Campania. Almeno ci si libera dall’illusione della “Grande Lucania”.
Come canta Guccini: «Ho tante cose ancora da raccontare per chi vuole ascoltare e a culo tutto il resto!».