di Anacleto Lupercale
Oggi, nella maestosa cornice della sala Inguscio, si è consumato l’ennesimo capitolo di quel lungo romanzo tragicomico che potremmo intitolare “La Basilicata e il mito dell’acqua potabile”. Protagonisti indiscussi: un’unità di crisi che sembra più una compagnia teatrale amatoriale e un’assenza che brilla più dell’acqua potabile promessa, quella del direttore del Centro nazionale sicurezza delle acque, Luca Lucentini. Forse trattenuto da impegni più urgenti, come fare la doccia con acqua certa.
Il Presidente Bardi ha aperto il sipario con un’esibizione degna di un mago del marketing idrico: acqua sicura per tutti, cari lucani! Dopo appena quaranta giorni (ma chi li conta, in fondo?) di emergenza ecco che la situazione si avvia verso quella magica “normalizzazione” che in Basilicata è un po’ come il domani: sempre a portata di mano, ma mai veramente qui.
E non poteva mancare il colpo di teatro: l’acqua del fiume Basento definita “già sperimentata” dal 2016. Come non applaudire all’ingegno di chi ha trovato una soluzione che, se non altro, funziona per evitare un assalto alle taniche? “Abbiamo evitato disagi per 140.000 persone!” proclama trionfante il Presidente. E chi siamo noi per mettere in dubbio che il fiume, a questo punto, sia un po’ come un vecchio amico della famiglia?
Ma attenzione la narrazione si fa incalzante: monitoraggi di pozzi, interventi sugli invasi, incontri informativi per la trasparenza. Quanta energia in questo tentativo di dipingere una Basilicata idricamente felice! Intanto l’Acquedotto Lucano si rivela un pozzo (è il caso di dirlo) di sorprese: pare che non sappiano neanche come sia fatta la rete idrica. E con il pensionamento dei fontanieri addio anche alla memoria storica. Insomma siamo davanti a un perfetto giallo idrico dove non ci sono né mappa né detective ma solo tanti, tanti indizi da ignorare.
E poi c’è lui, il senatore Rosa, che con una nota ha aggiunto un tocco di drammaticità strutturale: la diga di Camastra pare implori un collegamento stabile col Basento. Certo, un intervento che suona tanto come un “mettiamo una pezza” ma con parole eleganti.
E mentre i lucani sorseggiano la loro “acqua sicura” (dal gusto decisamente narrativo) non possiamo che applaudire alla pièce teatrale che si rinnova a ogni crisi. Perché in Basilicata ogni emergenza è solo l’anteprima di quella successiva e il pubblico – che lo voglia o no – continua a riempire la sala.