Natale in Siria. Un appello al mondo contro le sanzioni

Negli ultimi dieci anni, i cristiani siriani, che costituiscono circa il dieci per cento della popolazione della Repubblica araba, hanno continuato a celebrare la loro festa più importante, nonostante la minaccia di guerra e di sterminio fisico da parte di gruppi jihadisti sostenuti dall’estero, in particolare dall’Occidente. Le comunità cristiane della Siria sono impegnate ad addobbare le case, le piazze, le città con l’allegria natalizia. Le varie confessioni cristiane orientale e siriaca, ortodossa e cattolici e protestanti in città grandi e piccole ad appendere luci, indossare costumi di Babbo Natale e mostrare allegria a tutto tondo mentre si preparano per le vacanze. Gli utenti dei social media hanno pubblicato dozzine di foto dei festeggiamenti, tra cui illuminazione di alberi, fuochi d’artificio e sfilate. Alcuni eventi sono stati accompagnati da messaggi alla comunità internazionale. Durante una cerimonia nella città di Basir, nella provincia di Daraa, nel sud della Siria, padre Munawar Bakhitan, pastore della chiesa di San Giorgio dei cattolici melchiti, ha definito l’illuminazione dell ‘”Albero della patria” domenica della città un “messaggio dalla Siria al mondo”. “Oggi inviamo un messaggio chiaro al mondo intero che il popolo siriano vive insieme in amore e fraternità”, ha dichiarato Bakhitan, invitando le potenze occidentali a revocare sanzioni schiaccianti contro la nazione dilaniata dalla guerra. Le comunità cristiane siriane, molte delle quali tra le più antiche al mondo, sono state prese di mira dall’ISIS, al-Nusra e altri gruppi terroristici mentre cercavano di rovesciare il governo laico della Siria. Con l’aiuto di Hezbollah, Russia, Iran, l’esercito siriano è riuscito a respingere e sconfiggere i terroristi takfiri ed a liberare la maggior parte del loro paese. I siriani di tutte le fedi e gruppi etnici hanno chiesto all’Occidente di impegnare fondi per la ricostruzione della Siria, o almeno di revocare le sanzioni che hanno imposto alla nazione. La ricostruzione del paese è stata anche complicata gravemente dalla politica degli Stati Uniti di rubare e contrabbandare petrolio dai territori orientali della Siria, privando Damasco di una delle principali fonti di reddito. All’inizio di quest’anno, l’ambasciatore siriano presso le Nazioni Unite Bashar al-Jaafari ha accusato direttamente il presidente Donald Trump di aver rubato il petrolio siriano, “privando così lo stato siriano e il popolo siriano delle entrate di base necessarie per migliorare la situazione umanitaria, provvedere ai bisogni di sostentamento e ricostruzione”.